Porte aperte al traforino. La rivoluzione della viabilità Dopo anni di discussione la sorpresa arriva dall’urbanista e architetto Giorgio Massignan, che apre all’ipotesi del traforo breve, una delle opere considerate tabù da decenni. Cosa succede?

di Maurizio Battista

L’apertura di maxi cantieri che stanno rivoluzionando la viabilità di Verona sta provocando molte riflessioni sul sistema del traffico cittadino. Prendiamo alcuni esempi da qui all’inizio del 2025: la prossima estate via Mameli sarà occupata dal cantiere del filobus (il ricordo di via Città di Nimes è ancora fresco), da gennaio sarà chiusa a tratti via XX Settembre e il traffico si sposterà su via Torbido; in primavera partiranno i lavori per il cavalcavia di viale Piave; la Ztl del centro chiuderà dal prossimo 28 ottobre e sarà Ztl anche via Madonna del Terraglio Santo Stefano; Ponte Nuovo resterà a una sola corsia fino ad agosto 2025 e poi ci sono i lavori della tav che interesseranno molti sovrappassi cittadini.
Insomma, in queste occasioni emergono tutte le criticità della viabilità cittadina e il dibattito si sta infiammando tra favorevoli ai cantieri e alle opere e chi contesta tempi e modi.
Ma la sorpresa arriva dall’urbanista e architetto Giorgio Massignan, coordinatore dell’osservatorio Verona Polis che apre all’ipotesi del traforo breve, una delle opere considerate tabù da decenni.
Decenni nei quali si è tanto discusso anche degli attrattori di traffico, c’è chi ha proposto di spostare le scuole fuori città, di spostare la Fiera e via di questo passo
Scrive Massignan infatti che “Andrebbero analizzati i diversi attrattori di traffico e le ore di maggior intensità dei flussi nelle varie arterie e nelle diverse ore del giorno, per programmare e differenziare gli orari di attività. Da tenere presente che a Verona, ogni giorno, circolano in città oltre 150 mila auto, la metà nelle ore di punta. Sarebbe opportuno collegare il sistema della mobilità con quello del verde, realizzando un anello di circa trenta chilometri che collegasse, con percorsi ciclabili e pedonali, le fortificazioni cosiddette extra moenia, dal Chievo al Pestrino, tutte in aree verdi; da questo anello potrebbero partire dei tracciati per raggiungere le aree a parco e piantumate, come il proposto Scalo Merci della Ferrovia, la Spianà, il parco dell’Adige nord e sud e i futuri parchi delle mura e della collina”.
Ma a parte la mobilità dolce, Verona e i veronesi sono concentrati sull’auto privata.

Spunta il sottopasso al Teatro Romano. Per liberare spazio realizzando un’ampia zona pedonale tra la Giarina e San Giorgio

E qui vanno trovate nuove idee. Per esempio il sottopasso davanti al Teatro Romano per liberare spazio in superficie.
“Entrando nel particolare e nei sogni -scrive Massignan-, se le proprietà geotecniche del suolo lo consentissero, si potrebbe ipotizzare la costruzione di un sottopasso per il transito delle automobili sotto l’area prospicente il Teatro Romano, realizzando in superficie un’ampia zona pedonale compresa tra la Giarina e parte di lungadige San Giorgio che, attraversando il ponte Pietra, si collegasse con la ZTL del Centro Storico, valorizzando un ambito urbano di antiche origini e creando un contesto che favorirebbe la socializzazione”.
E qui nascerebbe la necessità di un traforino perché per fare il sottopasso “sarebbe necessario ridurre il traffico di attraversamento e, un’ipotesi, potrebbe essere la realizzazione di un traforo breve tra via Fincato e via Mameli che, in un primo tempo servirebbe alle auto private, sollevando così le vie Santa Chiara, Rigaste Redentore e Lungadige San Giorgio, oltre che le Torricelle, ora percorse come una sorta di circonvallazione”.
Una ipotesi che ha trovato il consenso di molti addetti ai lavori, architetti e urbanisti.
“In un secondo momento, una volta terminati i lavori per un organico sistema della mobilità pubblica, potrebbe ospitare solo una linea del filobus”.
C’è però un problema di risorse: dove trovare i fondi necessari per il sottopasso? E quelli per il traforino.
Osserva infatti l’urbanista Giulio Saturni: “Il problema sono le risorse. Il traforo breve era già inserito nel Piano Marconi degli anni 70. A mala pena siamo riusciti a realizzare due sottopassi durante i mondiali anni 90. Oggi un’opera del genere costa almeno 200 milioni e il comune ad oggi non penso che sia una in grado di avviare un investimento del genere”.
Infatti le città che sono riuscite ad avere trafori corti o lunghi hanno avuto il contributo decisivo di Anas, vuoi perché erano interessate strade statali (non è il caso di Verona) vuoi per capacità e peso politico a Roma (idem). E già negli anni 70 Anas rispose picche al Comune di Verona che chiedeva una mano per il traforo…