La medaglia d’oro, l’inno di Mameli, l’idea di aver già lasciato un segno nella storia. Accadde domani, il 5 agosto 1984, Olimpiadi di Los Angeles. Eros Poli, da Zevio, conquista l’oro nella 4 per 100 km a cronometro. E’ nella storia. Con lui sono Bartalini, Giovannetti e Vandelli, compongono un quartetto irresistibile che vola a quasi 51 di media.
ll ciclismo azzurro sul tetto del mondo a Los Angeles 1984. Una splendida medaglia d’oro quella vinta dal quartetto azzurro composto da Marcello Bartalini, Marco Giovannetti, Eros Poli e Claudio Vandelli nella 100 km. su strada. In un momento di cambiamento epocale con ruote lenticolari, caschi a coda e manubri a corna di bue il ciclismo italiano conquista dopo otto anni la medaglia d’oro, 26esima della sua storia olimpica.
Il successo di Bartalini, Giovannetti, Poli e Vandelli, con bici ed abbigliamento identici a quelli usati da Moser in occasione del suo primato dell’ora a Città del Messico, ha i contorni di un trionfo senza precedenti. Il quartetto italiano balza subito al comando, non accusa il contraccolpo per la foratura di Poli dopo appena 15 km., domina il campo con una regolarità di ritmo eccezionale e il tempo totale che scende sotto il muro delle due ore è il migliore mai realizzato sulla distanza: 1h58’28”, ad una media di quasi 51 orari.
“Quando l’inno di Mameli suona solo per te e hai una medaglia d’oro olimpica al collo non si può descrivere. In quel momento di immensa emozione ti passano in un flash tutti quei momenti che volevi mollare, le sofferenze degli allenamenti. Non si può cantare l’inno in quel momento. Ti perderesti quel flash e ti perderesti la meritata lacrima. Però non era niente male neanche la lacrima a 5 km dall’arrivo del Ventoux, quando Laurant Bezault mi ha detto dopo 170 km di fuga: “Eros hai 5′, ormai hai vinto”. Immaginare che in quel momento sarebbero state davanti alla televisione mia moglie e mia figlia guardarmi a vincere, mi ha emozionato moltissimo. Nel cuore porterò sempre entrambe, questi momenti che hanno un’intensità unica».
Così Poli ricorda la medaglia d’oro, ma anche l’impresa sul Mont Ventoux, una delle cime più temute del Tour. Un’altra impresa che l’ha consacrato tra i grandissimi, al punto che in Francia, da quel giorno, per tutti è “monsieur Polì”.