Poco prodotto a causa delle gelate primaverili e della grandine estiva, ma buone prospettive di vendita. Gli agricoltori veronesi riassumono la situazione così. Per la raccolta dei cachi nostrani comincia il conto alla rovescia e quest’anno, sottolineano gli addetti ai lavori, si prospetta un’annata commercialmente interessante sulla scia dell’attenzione catalizzata dai test condotti dalla Nara Medical University, in Giappone, che hanno dimostrato l’efficacia dei tannini dei cachi nell’indebolimento dell’infettività del Coronavirus. Mangiare frutti tutti i giorni avrebbe, secondo il risultato della ricerca, l’effetto di ridurre fortemente l’infettività di campioni nel virus presenti nella saliva. Ecco che da semplice alimento potrebbe essere utilizzato come sistema di prevenzione contro l’epidemia. Indiscussa, in ogni caso – ricordano gli agricoltori veronesi – è la loro quantità di vitamina C, motivo per cui il frutto è stato consumato molto anche durante il lockdown. E ora lo studio giapponese potrebbe dare al prodotto una spinta commerciale: “Ci auguriamo che quest’anno ci sia una buona risposta dal mercato e che le quotazioni siano soddisfacenti”, dice Andrea Lavagnoli, presidente di Cia, (Agricoltori Italiani Verona). “Non sarà infatti un’annata di buona produzione, in quanto mancherà il 70 per cento del prodotto a causa delle gelate prima e delle grandinate poi. In ogni caso”, aggiunge Lavagnoli, “dovrebbero beneficiarne la pezzatura e la qualità dei frutti, favorendo così il riavvicinamento dei consumatori al nostro prodotto tipico. Il mercato dei ‘cachi-tipo’, la varietà più diffusa nel Veronese, è stato infatti rovinato negli anni dalla cattiva consuetudine di alcuni commercianti di ritirare il prodotto non maturo e di stufarlo, causandone una perdita del gusto. Alcune aziende hanno provato in seguito a coltivare varietà che fossero eduli alla raccolta, ma questi esperimenti, che da un punto di vista produttivo sono riusciti, hanno trovato un mercato impreparato a cogliere le novità. Ci sarebbe invece la necessità di rilanciare la produzione proprio grazie allo sviluppo di nuove varietà nella nostra provincia”, conclude Lavagnoli, “sulla scorta dell’istituto di ortofloricoltura di Firenze, che ha fatto ricerche e sperimentazione su varietà provenienti da Cina, California e Giappone”. La produzione dei ‘cachi tipo’, o ‘cachi ragno’ – precisano gli agricoltori – non si è mai sviluppata a sufficienza nel Veronese, in quanto so tratta di una varietà molto delicata: basta una grandinata a ridosso della raccolta per renderli invendibili. Ma in passato spesso sono stati anche remunerati in maniera insoddisfacente. Quest’anno c’è inoltre il rischio di una forte pressione della concorrenza straniera. Quella dei cachi è una delle più antiche varietà coltivate, conosciuta in Cina da più di duemila anni. In Italia le principali zone di produzione sono la Romagna, la Campania e la Sicilia. Il frutto sta trovando ampio uso anche nell’industria sia per la produzione di marmellate e dolci, sia per essere essiccato quando non è ancora completamente maturo. La ‘mela d’Oriente’ non è ricca soltanto di vitamina C, ma anche di betacarotene e di sali minerali, che lo rendono un ottimo alleato in autunno contro i malanni stagionali e più in generale per innalzare le difese immunitarie. E adesso è stato appurato che protegge anche dal Covid.