E’ uno dei grandi talenti del ciclismo veronese. Michele Scartezzini è stato uno dei protagonisti anche ai Mondiali di ciclismo su pista che si sono tenuti nell’ottobre scorso a Roubaix (Francia). Classe 1992, è originario di Isola della Scala (VR). Si è avvicinato al ciclismo a 7 anni, grazie a un suo amico. Specialista della pista, ha conquistato quattro medaglie, l’ultima proprio a Roubaix, in coppia con Consonni. Michele, ci spieghi brevemente in che cosa consiste la madison? “La madison al Mondiale è lunga 50 km, quindi 200 giri di pista. Ogni 10 giri c’è uno sprint che dà 5, 3, 2, 1 punti al primo, secondo, terzo e quarto. Invece, nell’ultima volata i punti sono doppi. Si parte (in due per ogni squadra), uno al lato opposto dell’altro. Quando ci si trova ci si dà il cambio”. Siete arrivati solo dietro alla Danimarca, campione olimpica in carica. Cos’è mancato per l’oro? “Non è mancato niente. Devo dire che a mente fredda dò la colpa a me perché sono stato io a sbagliare l’ultima cosa di una gara più o meno perfetta. Io non mi ero neanche reso conto che eravamo a soli due punti dall’oro. Sono stato concentrato sulla ruota del danese. Quindi, a sette giri dalla fine non ho dato il cambio a Simone, che se gliel’avessi dato cambiava tutto, magari, perché lui aveva delle buone gambe ancora. Poi c’è anche il fatto che se sai che ti stai giocando l’oro di sicuro ti viene quell’energia in più. Quindi abbiamo dovuto allungare tutti i meccanismi e fare una volata che potevamo fare meglio. Nel senso, siamo arrivati quarti e (i danesi) terzi. Bastava solo invertire le posizioni e a pari punti vincevamo noi”. Come ti sei avvicinato al ciclismo su pista? “È da quando ho 14/15 anni che vado in pista. Ho sempre alternato strada e pista. Poi ovvio che con gli anni ho cominciato a capire la direzione da intraprendere. Nel 2019 sono entrato nelle Fiamme Azzurre, la Polizia penitenziaria. Dopo che ci sono entrato, tutto si è rivolto più alla pista. Quindi adesso faccio (delle corse su strada) ma quasi come allenamento”. Anni fa hai dovuto affrontare un importante problema di salute. Come ha influito sulla tua carriera? “Quando, magari, dovevo spingere di più mi faceva male la gamba, quasi come se mi andasse in cancrena e dovevo mollare. Quindi, ovvio che su pista, dato che sono tutti sforzi brevi ma intensi, accumulavo subito questo dolore. Invece, su strada magari riuscivo un po’ più a gestire la cosa. Nel 2015 mi sono operato perché avevo l’arteria femorale iliaca che era schiacciata. Quindi, quando io chiedevo sangue perché spingevo più forte me ne passava poco. Quindi, non avevo ossigeno e mi faceva male la gamba. Poi, diciamo, che gli anni migliori erano quando appunto avevo questo dolore. Quindi, ho vinto un po’ meno di quello che potevo. Allora ho deciso di dedicarmi di più alla pista”.