In difesa e valorizzazione dell’autenticità del Soave. Di nonno in figlio… e poi avanti, tessendo “intrecci di vite”, lungo 4 generazioni, per scrivere una storia che dura da 142 anni. Una storia che ha sempre messo “la vigna al primo posto”. E il futuro? “Ha un cuore antico”. È il 1880 quando Leonildo Pieropan, medico condotto del paese, decide di valorizzare il fondo di famiglia, denominato “Calvarino”, fondando la Società Agricola Pieropan. Sarà il nipote, omonimo, tra gli anni Settanta e Ottanta, con la sua visione e il suo coraggio, ad assicurare all’azienda un successo nazionale e internazionale.
Il presente dell’azienda Pieropan, che si estende su 75 ettari tra il territorio del Soave e della Valpolicella, è animato dai figli di Leonildo e Teresita, Dario e Andrea.
Tre i luoghi simbolo del loro racconto: la cantina storica, all’interno di Palazzo Pullici, nel cuore del borgo di Soave; la cantina di Tregnago, nella cornice di Villa Cipolla, in Valpolicella, dedicata alla produzione dei vini rossi; e, infine, la nuovissima cantina ipogea, che sorge alle pendici della Rocca medievale di Soave, un edificio moderno, funzionale, all’avanguardia e innovativo, oggi cuore operativo dell’azienda, che produce circa 650.000 bottiglie all’anno, di cui circa il 65% viene esportato in 55 paesi nel mondo.
Ci racconta come è nata l’azienda e come è evoluta negli anni?
Dopo la fondazione da parte di Leonildo Pieropan nel 1880, il nipote del fondatore, mio padre, Leonildo Pieropan, tra gli anni Settanta e Ottanta rivoluziona l’azienda agricola, grazie al suo stile unico e alla sua innata vocazione. Mio padre, affiancato da mia madre Teresita, che ha sempre condiviso con lui l’amore per la terra, ha continuato il lavoro iniziato dal nonno e dagli zii. Negli anni diventa un vero pioniere e il punto di riferimento del Soave. Difende l’autenticità del Soave, spesso in disaccordo con le politiche del Consorzio. Dal 2008 al 2013, chiese l’adeguamento del disciplinare sulla chiusura del vino Soave con tappo a vite, in adeguamento alle richieste dei mercati internazionali, riuscendo ad ottenerne la rettifica. Una forte determinazione, quella di “Nino”, che si dimostrò fondamentale per mantenere gli alti standard qualitativi del suo vino, simbolo di autenticità che mette la vigna al primo posto.
Quali altre conquiste importanti è riuscito ad ottenere?
Una vera e propria rivoluzione viticola, per la zona e per il periodo, è stata la realizzazione dei due crus Calvarino e La Rocca negli anni 1971 e 1978. Due vini con caratteristiche diverse, che rappresentano fedelmente due tipologie di suolo vulcanico e calcareo.
A dimostrazione del suo valore, Luigi Veronelli, giornalista illuminato degli anni ’80, ha descritto mio padre come il “viticoltore italiano più francese che conosca”, confermandone la sua grande sensibilità in campo viticolo.
E poi?
Nel 2000 inizia per la mia famiglia una nuova sfida, con l’acquisto e la trasformazione in vigneto di un terreno incolto sul Monte Garzon, a Cellore d’Illasi, a 500 metri s.l.m, zona di produzione del Valpolicella e dell’Amarone. Per salvaguardare l’ecosistema originale della zona, la viticoltura è stata impostata nel totale rispetto della flora e microfauna del luogo, con l’applicazione di lotta biologica. L’ambizioso progetto di realizzare i “propri” vini rossi nasce dall’idea di mio padre di coinvolgere in azienda me e mio fratello Dario.
Quando è nata, invece, la “nuova cantina”?
Nel 2015 la mia famiglia ha acquistato un fondo ideale, sito nel cuore dei vigneti di Soave, per costruire la nuova cantina con i requisiti di spazio e logistica, indispensabili ai nuovi tempi. L’opera, fortemente voluta da mio padre, è stata condivisa con l’architetto Moreno Zurlo e lo studio ACME, in tutti i passaggi realizzativi. Mio padre non è riuscito, purtroppo, a vedere la Cantina ultimata, a causa della sua prematura scomparsa. Noi figli e mia madre Teresita abbiamo portato a termine l’opera con amore e dedizione in onore del padre, testimone unico e grande del territorio del Soave. Tale realtà rappresenta per la famiglia un forte rinnovamento nel solco della tradizione, perché il “futuro ha un cuore antico”.
Leonildo ha anche contribuito alla fondazione della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti: mi racconta?
Proprio dal rientro da un viaggio a Montpellier, mio padre e un gruppo di vignaioli hanno fondato nel 2008 la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (F.I.V.I.). Ha ricoperto la carica di consigliere e vicepresidente fino alla sua scomparsa nel 2018. I vignaioli per primi in Italia hanno istituito il Mercato dei Vini a Piacenza, partecipando anche a fiere di settore, tra cui il Vinitaly.
Quali sono i successi più importanti che avete raccolto?
Pieropan è diventato sinonimo di grande vino bianco italiano nel mondo. Il valore della famiglia, dell’impegno, l’attenzione ai dettagli hanno portato questa azienda a ottenere successi sia di vendite, che di critica, pur mantenendo una grande coerenza e corrispondenza territoriale. Crediamo che il più grande successo sia stato appunto quello di non essere mai scesi a compromessi ma di avere sempre portato avanti un ideale e uno stile in tutti questi anni.
Cosa è possibile trovare nei vostri vini?
Nei nostri vini si può trovare una grande autenticità. Ogni suolo, ogni vigna ha una sua storia e una sua identità particolare. Nessun aspetto viene trascurato e questa grande attenzione porta ad ottenere un prodotto di grande corrispondenza territoriale. Dal sistema di allevamento, al vaso vinario, all’affinamento, tutto è pensato per portare al calice un vino di grande qualità.
Progetti per il futuro? Cosa vi augurate?
Nel futuro dell’azienda sono previste grandi cose: dall’inaugurazione della cantina nuova, all’apertura di Villa Cipolla, dove potremo ospitare i clienti in 6 camere in questo ambiente esclusivo. Potenzieremo la nostra accoglienza e le esperienze per chi vorrà venire a trovarci. Ci auguriamo che finito questo periodo avremo modo di poter ospitare tanti appassionati che vogliono conoscere i nostri vini e la nostra storia.