Piano cave, l’aggiornamento aggrava la situazione

Con l’aggiornamento del Piano cave, la situazione della provincia di Verona viene ulteriormente aggravata. Vengono infatti introdotte misure pesanti ed irreversibili, che non solo cambieranno radicalmente l’aspetto di un territorio già eccessivamente sfruttato. Ma che andranno a gravare sui cittadini portando ad un aumento del traffico di mezzi pesanti, alla perdita dei preziosi paesaggi agricoli e tradizionali e ad un aumento di inquinamento e sfruttamento del suolo”.
Lo dice la consigliera regionale del Pd Veneto, Anna Maria Bigon.

Piano cave: la situazione nel veronese

“Gli aspetti dimensionali del PRAC relativi al periodo 2024-2027 vengono infatti rivisti in aumento, prevedendo nuove autorizzazioni di cava in Veneto per 18,9 milioni di metri cubi di inerti ripartiti fra i tipi di materiale e i diversi ambiti estrattivi. La provincia di Verona verrà gravata di ulteriori 8,5 milioni di metri cubi di estrazione di sabbia e ghiaia, su un totale regionale di 14,5. Il Piano cave del 2018 prevedeva, invece, un volume massimo autorizzabile di 9,5 milioni di metri cubi previsto nel PRAC del 2018, dei quali 5 milioni erano localizzati nella provincia di Verona”.
Bigon ricorda che “la provincia di Verona conta già il maggior numero di cave produttive (dati 2021), pari a 55 siti di cava attivi, rispetto alle altre province venete (48 a Vicenza, 22 a Treviso, 17 a Belluno, 4 a Padova, 1 a Venezia e 1 a Rovigo): l’aumento delle estrazioni va scongiurato. Questa scelta pesante non può essere giustificata solo con la necessità di reperire le risorse necessarie alla realizzazione di importanti opere infrastrutturali, come il Progetto TAV AV/AC Verona-Padova, la SS12 Tangenziale sud di Verona e la terza corsia della A13 tratto Padova-Monselice, che il precedente piano non sarebbe in grado di soddisfare.
La consigliera dem evidenzia infine che “tra le novità  dell’aggiornamento del Piano c’è la possibilità di realizzare nuove cave, allo scopo di ‘sostenere il principio di autosufficienza’. Tutto questo escludendo i cittadini da qualsiasi confronto preventivo. È di primaria importanza, in questa fase, l’attivazione di momenti partecipativi che possano far emergere le istanze provenienti dai Comuni interessati, dalle associazioni e dai cittadini”.