Ricordate Piergiorgio Negrisolo? Libero, grande classe, visione di gioco, uno di quelli che la palla non la buttava mai via. Intelligente, ecco. “Farà di sicuro l’allenatore’ dicevano di lui. D’altra parte, aveva avuto tra gli altri, Liedholm, Giagnoni e Valcareggi, cioè tre grandissimi della panchina. Invece, dov’è finito Negrisolo?
“Ho cambiato strada, da subito. Sorprendendo ex compagni di squadra, ex allenatori e la mia stessa famiglia che prevedevano per me una brillante carriera da allenatore, ho fatto una scelta azzardata ma quanto mai indovinata e fortunata. Ho voluto seguire il consiglio del mio ex compagno di squadra che finiva la carriera di calciatore quando io la iniziavo e ho voluto fortissimamente diventare un consulente finanziario”.
Negrisolo si racconta.
Negrisolo ricorda bene Verona, il Verona, Zigoni, “una squadra indimenticabuile, un gruppo fantastico. E pensare che non ci volevo neanche venire, perchè ero alla Roma e mi spiaceva lasciare la capitale’. Sono sposato e ho due splendide figlie: Elisabetta e Eleonora. Ho una nipotina, Emma. Sono un uomo fortunato. Nella mia prima vita ho fortissimamente voluto diventare un calciatore professionista. Ho fatto goal alla Juve, al Milan, al Napoli alla Roma. Pochi ma di qualità. La mia discreta carriera mi ha consentito di prendermi cura già in giovane età dei miei primi guadagni. Ho iniziato affidandomi ad un ex compagno di squadra che attaccate le scarpe al chiodo, aveva iniziato l’attività di consulente finanziario in Fideuram”.
Perchè, questa scelta? Negrisolo ha sempre avuto idee molto chiare. “Perchè? La carriera di sportivo finisce presto e già il giorno dopo entri nel dimenticatoio. Allora devi decidere cosa fare nella seconda vita”. Eccolo alla scrivania, la sua seconda “carriera” la spiega così. “Si può costruire una casa senza un progetto? Si può creare una squadra affidabile con solo attaccanti o solo con centrocampisti o solo con difensori? Il mio lavoro oggi, quello che mi riesce meglio fare, consiste nel costruire portafogli e seguirli nel tempo. Quello che mi riusciva meglio come calciatore. Costruivo e creavo equilibrio in campo. Ho sempre pensato che il talento possa far vincere una partita, per vincere un campionato è però necessario un lavoro di squadra. Allora ho deciso di affrontare anche la sfida del digitale per entrare in contatto anche con i più giovani”.
Entusiasmo, passione, serietà. Le sue qualità da giocatore, lo sport come fotografia della vita. “Da sportivo ho imparato il sacrificio, la fatica, il senso di squadra, la vittoria e la sconfitta. Mi hanno migliorato, so stare con le persone, la vita mi ha insegnato ad ascoltare. Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Lascia sempre qualcosa di sè e prende un po’ di noi…“.