È proseguita, davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza, la deposizione del geologo Paolo Campaci, consulente a titolo gratuito del Comune di Trissino, chiamato a testimoniare dalla Regione del Veneto, costituitasi parte civile nell’ambito del processo che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Nella vicenda, lo ricordiamo, sono coinvolti anche numerosi comuni del Colognese finiti nella zona rossa.
Campaci era già intervenuto dichiarando che la società Eni Rewind, dopo il nulla osta ricevuto dalla compagnia Ici Italia 3, che dopo il fallimento di Miteni sta seguendo parte degli interventi di riparazione ambientale, avvierà a stretto giro i lavori per l’installazione del palancolato, il diaframma in acciaio che avrà lo scopo di separare l’area dell’ex impianto chimico alle acque del torrente Poscola. Una serie di lastre d’acciaio della larghezza di 60 centimetri, posizionate fino a 20 metri di profondità per una lunghezza di circa 800 metri, che dovrebbero contribuire a mettere in sicurezza l’area rivelatasi nel corso degli anni una fonte di grave inquinamento. Oggi Campaci, sulla scia di quanto affermato in precedenza, ha lasciato intendere che gli interventi posti in essere non determineranno nei fatti il ripristino dell’ambiente. D’altronde, secondo quanto già dichiarato da Campaci, l’evento di diffusione dell’inquinamento è ancor oggi in atto, senza che i responsabili abbiano adottato interventi risolutivi e misure di ripristino della funzionalità idropotabile dell’acqua e delle sue reti di distribuzione. “L’auspicabile bonifica dell’area è una cosa totalmente diversa rispetto alla messa in sicurezza operativa che si limita al filtraggio delle acque e che comunque dovrebbe bloccare ogni forma di flusso – commenta a margine dell’udienza l’avvocato Marco Tonellotto che, insieme ai colleghi Angelo Merlin e Vittore d’Acquarone, assiste Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, costituitesi parti civili -. Appare evidente che ad oggi la rimozione delle cause alla base della grave e persistente situazione di inquinamento dei suoli e della falda è ancora molto lontana. Nel contempo, gli interventi di blocco del flusso inquinante rappresenterebbero, invece, un risultato possibile, anche se non assicurato da chi ha dato luogo al disastro, così come sarebbe stato possibile per i responsabili possibile accollarsi le opere funzionali al ripristino del servizio idrico, con i relativi costi, invece, sopportati in parte non trascurabile dai gestori”, conclude Tonellotto.