L’attuale barriera idraulica che dovrebbe fermare la contaminazione da Pfas diffusa dal sito ex Miteni di Trissino e che ha coivolto anche numerosi comuni del veronese, “non è efficace”; il decommissioning dello stabilimento Miteni “ha subito un considerevole ritardo” per questioni legate alla pandemia Covid e al momento il progetto di bonifica dei terreni dell’area occupata dallo stabilimento “non è adeguato”. È quanto emerge dalla Relazione sulla diffusione delle sostanze perfluoralchiliche della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, approvata e visionata dall’Agenzia ‘Dire’.
Per quanto riguarda la barriera idraulica, la relazione rileva che secondo l’ultimo rapporto di Ici 3 Holding, socio unico della Miteni che si è assunto l’onere di gestire barriera e bonifiche, “dal 2013 a giugno 2020 sono stati estratti circa 5.800.000 metri cubi di acqua per un totale di 17,7 chili di solventi clorurati, 1.244 chili di derivati dei benzotrifluoruri e 183 chili di composti perfluoroalchilici”. Ciononostante il piezometro Mw18, che monitora l’acqua dopo la barriera idraulica a sud dello stabilimento rileva ancora “elevatissime concentrazioni, fino a 11.000 nanogrammi per litro per il Pfoa, 3.000 nanogrammi per litro per il Pfos, 19.000 nanogrammi per litro per la somma dei Pfas, 5.000 nanogrammi per litro per il GenX e 5.000 nanogrammi per litro per il C6O4, tra le date del 28 ottobre 2020 e il 3 marzo 2021, con picchi in data 12 gennaio 2021”. E questo “è la prova che la barriera non tiene ancora in modo efficace, posto che non sono state ancora superate le difficoltà della falda sottostante” l’area dello stabilimento. E tra l’altro, nell’ultima verifica effettuata a settembre 2021 è risultato che dei 41 pozzi per il prelievo dell’acqua di falda che viene poi depurata, 27 erano non funzionanti per diversi motivi. Che l’attuale barriera non sia efficace emerge anche da quanto stabilito nel corso della riunione del Comitato tecnico del protocollo d’intesa Regione-Provincia-Comune-Arpav” del 4 ottobre 2021, continua la relazione. In tale sede si è stabilito di richiedere alla società Ici 3 di “fornire la garanzia del miglioramento dell’attuale sistema di barrieramento-falda, rendendolo affidabile e senza interruzioni del pump & treat; intercettare tutto il plume inquinante, prima che esca dalla Miteni; garantire il rigido funzionamento del sistema sul breve-medio-lungo periodo con il controllo delle azioni di emergenza; fornire un progetto per bloccare/intercettare il plume dentro la proprietà, analizzando ipotesi integrative, quali ad esempio un microtunnel sub-orizzontale di completamento e/o similari intercettazioni lineari della falda inquinata”.
inoltre è stato già approvato il progetto di una palancolatura fisica che la Ici Italia 3 si è obbligata a effettuare. Il costo è di circa 2 milioni di euro, ma i lavori potranno iniziare solo dopo che sarà ultimata la liberazione dei terreni. E qui c’è un inghippo, perché la società indiana Viva Life Sciences Private Limited, che ha acquistato gli impianti della Miteni per trasferirli in India, “non ha potuto far arrivare in Italia proprio personale proveniente dall’India” a causa delle restrizioni legate alla pandemia Covid.