Un forte asburgico, 27 mila kmq tra area verde e urbana e una petizione inascoltata.
Questo il quadro che riguarda la rigenerazione dell’area al Pestrino, comprensiva del Forte di Santa Caterina che ha innalzato pareri discordanti. Il primo progetto dell’Amministrazione Sboarina prevedeva qui grandi edifici per i Magazzini della Cultura dove ricoverare le opere d’arte non utilizzate nei musei cittadini e in un’altra area confinante un centro residenza per disabili. L’Amministrazione Tommasi ha rivisto il progetto, che ha ottenuto un finanziamento dal Pnrr, togliendo i Magazzini della Cultura perché urbanisticamente troppo decentrati rispetto al contesto artistico e monumentale cittadino e anche per il notevole impatto ambientale che avrebbero avuto, mentre ha mantenuto la parte dedicata al centro disabili. Una scelta che comunque viene contestata. E lo spiega alla “Cronaca di Verona’’ Alessandra Corradi presidente dell’associazione Genitori Tosti e coordinatrice del Gruppo Accessibilità di Verona Polis.
“La nostra mission è la tutela dei diritti delle persone con disabilità in ogni ambito. Siamo per lo
più architetti e quindi il nostro scopo è quello di abbattere le barriere architettoniche e di puntare ad una città veramente inclusiva’’.
Da chi è stata contattata per la questione di rigenerazione dell’area al Pestrino?
“Il presidente di Verona Polis, Giorgio Massignan, mi ha contattata per un parere riguardo la
rimodulazione del progetto relativo all’area del Pestrino che copre 27 mila Kmq e che aveva avuto genesi nel mandato Sboarina. All’inizio prevedeva la partecipazione al premio nazionale “La città della Cultura’’, ma fu bocciato, nonostante ciò il progetto fu rimaneggiato e, dopo un lungo iter, con il Pnrr e la partecipazione al bando Pinqua è stato portato avanti. Con la scadenza del mandato Sboarina il bando però è rimasto. Con la nuova amministrazione Tommasi si è ripreso in mano il progetto con lo scopo di riqualificare l’area degradata per costruire case per persone disabili e per i loro familiari attraverso l’approvazione di un progetto sociale che prevedeva la creazione di un centro diurno e di una fattoria didattica. La nuova amministrazione per riuscire a non perdere il finanziamento a maggio di quest’anno ha modificato il progetto mantenendo però il luogo del Pestrino, un’area fragile dal punto di vista ambientale che meriterebbe di essere valorizzata per altre attività. Un progetto a parer mio già nato male, ora rattoppato senza un criterio e una visione completa del “problema’’.
La mia opinione è chiara: riqualificare un’area del genere deve essere importante per tutta la città. Questa non è politica partecipativa. L’inclusione è qualcosa che si fa nella comunità, in questo modo si perpetua il modello di separazione dalla città delle persone “imperfette’’. Non esiste che si creino dei luoghi ad hoc per persone con disabilità esterni alla comunità”. (fb)
Anche dal punto di vista architettonico l’area rimane difficilmente accessibile.
Da un punto di vista tecnico se quest’area venisse devoluta a persona disabili sarebbe una scelta adeguata? E’ lo spazio adatto?
“Decentrare in una zona così isolata un centro per disabili è sbagliato perché vuol dire ghettizzarli anche perché quella zona, anche in passato, è già stata un’area di emarginazione. Il forte rimane un forte asburgico, si potrebbe rendere accessibile ai disabili, ma il problema principale è il fatto che non ci siano infrastrutture per il trasporto pubblico e automobilistico privato. Mi è stato detto dall’Amministrazione che saranno fatte delle piste ciclabili, ma ancora una volta non adatte ai disabili e ai loro familiari. Ci sarà bisogno dunque di creare accessi per chi ne usufruisce e questo significa che una zona agricola e fragile dal punto di vista ambientale con un intervento pubblico probabilmente inizierà un processo di edificazione. Diventerà una zona per lo sviluppo dell’edilizia privata consumando suolo e negando i principi del recupero e della riqualificazione, cardini principali dell’edilizia moderna. La cosa più saggia sarebbe stata la demolizione delle baracche militari, l’inserimento della zona nel Parco dell’Adige e la conseguente riqualificazione del Forte come fulcro delle attività legate al Parco dell’Adige. Una pianificazione partecipata, come sta già accadendo in molti Paesi europei e in alcuni Comuni italiani. Non è un’utopia. Ho raccolto in quattro settimane 1.100 firme contro questo intervento, ma non sono stato ascoltato e non ho mai ricevuto una risposta”.
Francesca Brunelli