Appare senza via d’uscita la crisi che sta colpendo pesche e nettarine, che quest’anno stanno restando invendute o, in molti casi, sugli alberi, senza essere raccolte. Il mercato europeo è invaso da prodotto proveniente da Spagna e Grecia, proposto a prezzi stracciati, e quello italiano non ha sbocchi di vendita. Una situazione drammatica, che sta portando molti produttori in provincia di Verona a procedere all’espianto degli alberi, ritenendo che non sia più sostenibile mantenere i frutteti senza prospettive di una ripresa del settore. “In Francia gli agricoltori hanno buttato per protesta tonnellate di frutta davanti al consolato spagnolo e lo stesso potremmo fare noi – dice Andrea Foroni, presidente dei frutticoltori di Confagricoltura Verona e Veneto -. Gli spagnoli ci stanno massacrando, con i loro prodotti che invadono la grande distribuzione, causando un crollo dei prezzi (anche 30 centesimi al chilo per le pesche più belle, a fronte di 40 centesimi di costo di produzione) e dei consumi delle pesche nostrane. Perfino le nettarine big top, che erano il prodotto di punta nelle annate passate, sono invendibili. Intanto la grande distribuzione fa il bello e cattivo tempo, comprando il prodotto a prezzi irrisori e vendendolo a 2,20-2,50 euro al chilo. Il risultato è che molti agricoltori stanno lasciando i frutti sulle piante, perché pagare i braccianti per la raccolta sarebbe solo una spesa. Anche altre colture sono in sofferenza, come l’albicocco e il melone, pagato 15-20 centesimi al chilo. Così non si può andare avanti. Prevedo che, alla fine della stagione, ci saranno espianti di grandi superfici in tutta la provincia”. “Da Valeggio a Villafranca a Buttapietra fino a Belfiore si percepisce che l’agricoltura che si è sviluppata molto dagli anni Cinquanta è finita – conferma Pietro Spellini, vicepresidente di Confagricoltura Verona e frutticoltore nel territorio di Villafranca -. Molti frutteti sono stati tolti e molti verranno tolti quest’anno. Ettari di peschi stanno per essere tagliati: molti agricoltori sono in pensione e non vogliono più mangiarsela per mantenere peschi o meli e i pochi giovani cercano fortuna in aziende orticole in ascesa, che necessitano di forze fresche poca terra e grandi investimenti. Andando avanti di questo passo ci sarà l’abbandono delle campagne come luogo di lavoro, con la scomparsa di buona parte delle strutture di servizio attuali, dai produttori di imballaggi ai trasportatori”.