Se ne sono accorti in pochi che domenica si è conclusa un’era. Il GP degli Usa, che ha attribuito alla Red Bull il mondiale costruttori così come Singapore aveva consegnato a Verstappen l’iride dei piloti, ha infatti decretato la fine del dominio Mercedes che durava ininterrottamente da otto anni. Zero tituli quando invece a partire dal 2014, con l’inizio della F.1 ibrida, Stoccarda aveva fatto man bassa di tutto. Una battuta d’arresto inaspettata, tanto che il 2022 rischia di trasformarsi in una macchia indelebile in quanto la Mercedes dal 2007 in poi (come motorista) aveva comunque
conquistato dei successi nei singoli gran premi.
A questo punto viene in mente la frase pronunciata dal pluridecorato responsabile tecnico James Allison all’inizio della stagione, quando, parlando delle nuove auto in pista, fece una considerazione piccante: “Sono sicuro che qualcuno sbaglierà clamorosamente progetto e non riuscirà a recuperare”.
Probabilmente pensava alla Ferrari, dalla quale era uscito in malo modo. Invece è capitato al suo team, l’imbattibile Mercedes. Questo non significa che non rivedremo più la Mercedes ai livelli più alti. Il progetto siglato W13 si è rivelato un disastro, però gli ingegneri hanno capito dove hanno sbagliato e sono certi di rimediare, nella prossima stagione.
Verstappen correva per la prima volta da bi-campione del mondo ed è stata l’occasione per mostrare il suo immenso valore. I prodigi di Max a Austin si riassumono in quattro punti: partenza perfetta, sorpasso micidiale a Leclerc, sorpasso scientifico a Hamilton, recupero incredibile dopo aver perso 8 secondi al pit stop per una ruota che non voleva staccarsi. Insomma, senza quest’ultimo inconveniente e – anche – senza due Safety Car che lo hanno rallentato, Max avrebbe vinto col solito distacco ciclistico.
Nella grande festa americana (440 mila spettatori in 3 giorni) la Ferrari ha brillato solo il sabato, con la pole position fantastica di Carlos Sainz, poi mortificato in gara dallo speronamento subito da parte di Russell. Complice la Safety Car, c’è quindi stato il lampo di Charles Leclerc che per un attimo ha dato la sensazione di potercela fare, pur partendo 12°. Ma verso la fine, come al solito, ha dovuto rallentare per il degrado delle gomme. Che non è da attribuire alla Pirelli ma alle caratteristiche di una che grava sulle coperture più del dovuto. Leclerc, alla fine, era deluso e frustrato: in cuor suo è convinto di poter battere Verstappen ad armi pari, ma la Ferrari non gli dà il mezzo per farlo. Per cui è giocoforza rinviare sogni e ambizioni, anche se le ultime quattro gare, cominciando da quella di domenica a Città di Messico, offrono comunque una piccola speranza.
La speranza grande, invece, la nutre la Ferrari per la prossima stagione. Non cambiando molto le regole, le macchine resteranno più o meno le stesse: la monoposto del Cavallino ha mostrato di essere un ottimo progetto che, implementato in alcune aree, potrebbe davvero fare il salto di qualità, a patto di migliorare anche la struttura addetta alle tattiche di gara.
Cambiamenti in corsa, quindi, però su basi più solide di prima, con un comparto di ingegneri compatto e assestato, due piloti di altissimo livello, un budget ricco. Sì, poi ci sono Red Bull e Mercedes da battere, e questo è un altro discorso…
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