Caro Direttore,
leggo sempre il suo giornale e mi piacciono soprattutto le storie del calcio di ieri. Come avrà capito, non ho più vent’anni, ma sono sempre un grande appassionato. E mi considero fortunato ad aver visto da vicino il Verona degli anni ‘70 e anche quello dello scudetto. Squadre che si allenavano in mezzo alla gente. All’antistadio oppure a Veronello. Una volta non c’erano gli allenamenti a porte chiuse. Oggi, è quasi impossibile assistere a un allenamento. Mi chiedo perchè. E le domando: non pensa sia un errore? Non crede che al tifoso farebbe bene vedere da vicino i suoi idoli? E ancora: a chi giova l’allenamento a porte chiuse?
La ringrazio,
Giuseppe, Verona
Caro signor Giuseppe,
lei sfonda una porta aperta. Apertissima. Le rispondo subito: allenarsi a porte chiuse non giova a nessuno. Nè alla squadra, nè tantomeno ai tifosi che vivono questo come un distacco. Purtroppo, è diventata una moda, cui tutti si adeguano, in realtà senza grande fantasia. Lei ricorda bene, come tutti quelli che hanno una certa età, gli allenamenti all’antistadio, sempre aperto. Addirittura, il sabato, i giocatori e Osvaldo Bagnoli passavano tra le bancarelle del mercato. In mezzo alla gente. E si fermavano, una parola, un autografo, c’era semplicità, era tutto normale. Di sicuro non perdevano concentrazione. Di sicuro vincevano molto, non si direbbe che allenarsi in mezzo alla gente li abbia condizionati. E lo stessosuccedeva col Verona degli anni ‘70, quando per vedere Zigoni e compagni, c’era sempre un bel pubblico.
Le dirò, anche gli anni ‘90 erano ancora lontani dalle mode. Mi ricordo il Verona di Stojkovic, antistadio pieno per la partitella del giovedì e gli “ohhhh” di meraviglia alle sue punizioni.
E la stessa cosa vale pure per il Chievo. Lo squadrone di Delneri, primo anno di A,si allenava a Veronello, in mezzo a squadre di amatori tedeschi e svizzeri, entrata libera, ma dava spettacolo.
E allora? E allora, come per tante altre cose (vedi interviste filtrate dagli uffici stampa) pensavamo (anzi, pensavano) di andare avanti e invece siamo andati indietro. Abbiamo perso la dimensione corretta. Oggi, Peschiera è (spesso, non sempre) chiusa al pubblico. Come lo è stato a lungo anche Veronello per il Chievo. Oggi si crede ancora che lo Spezia o la Fiorentina mandino gli 007 a studiare gli schemi di Tudor.
No, ha ragione lei. Questo è il modo per allontanare la gente dai suoi idoli. Un’abitudine cui dovrebbero ribellarsi tutti, giocatori e allenatori. Perchèil calcio ha bisogno della gente e dei tifosi e forse non èun caso che gli stadi non siano più pieni come una volta. Gli allenamenti a porte chiuse sono una delle tante assurdità di un calcio che ha perso la sua dimensione e la sua umanità. Ma c’è sempre spazio, se si vuole, per tornare indietro…