C’era una volta il Chievo, c’era una volta “Pata” Castro. Argentino, pupillo di Maran che l’aveva avuto al Catania e che si ritrovò al Chievo. Lucas Castro, detto “Pata”, per via di un piede decisamente lungo, sapeva fare tutto. Centrocampista di talento, gran colpitore di testa, poteva fare pure l’attaccante. Di quel Chievo, che resta l’ultimo bagliore, prima del precipizio, Castro è stato determinante. Mezzala vera, bravo nelle due fasi, molto tecnico, avrebbe potuto pensare anche alla Nazionale, se solo (forse), fosse stato un po’ più ”cattivo”. Dell’argentino, aveva tutto, meno (forse) la “cattiveria” agonistica. Dava l’idea di prendere la vita così come viene, felice di quello che aveva. Sapeva, anche, suonare la chitarra e, infatti, incise pure un disco. Sì, insomma, il calcio ma non solo. La musica, la famiglia,i figli per i quali stavedeva. Dopo il Chievo, ha giocato con Cagliari e Spal, poi alcune stagioni in Turchia (con Balotelli) e, da quest’anno, eccolo nel Sarmiento, serie B argentina. Casa sua. Dove aveva sempre pensato di tornare. E dove il calcio è quello che ha sempre pensato. Divertimento.