Qua la mano, Juric. Per quello che possono dire due partite, hanno già detto…molto. Intanto, 4 punti, non parole. Quattro punti figli di 180 minuti diversi, con un denominatore comune. Il Verona è solido, concreto, umile eppure sfrontato. Più o meno, fateci caso, gli aggettivi che mettono a fuoco la faccia di Juric. “Quando si gioca, le parole stanno a zero”. E’ fatto così, Juric. Parole poche, se può, quando può, meglio i fatti. Ha studiato all’Università Gasperini, giusto per essere chiari. Sa che cos’è la gavetta. Ha mangiato pane duro, non solo nel calcio italiano. E quando giocava, era uno che mordeva le caviglie, se c’era da mettersi in trincea, mica scappava, lo trovavi in prima fila. “Ragazzi, non abbiamo ancora fatto niente”, dice. Ma sotto sotto è il primo a sapere che in realtà ha fatto già tanto. Classifica a parte, una squadra che è già…squadra. Dove c’è un’impronta, un’idea di gioco, un’identità. Anche se il mercato è finito l’altro ieri e un po’ di confusione l’ha fatta. Gente che va, gente che viene, gente che resta, magari senza troppa voglia. A proposito di gente che resta, dice niente Pazzini? “Scusate, ci sono tanti altri argomenti da affrontare” ha risposto secco, conun lieve sorriso, negli spogliatoi di Lecce.
E prima, era stato ancora più chiaro. “Pazzini per ora non può giocare partite a questi livelli. Se migliorerà la condizione, allora ne riparleremo…”. Perchè una delle grandi qualità di Juric, va detto, è la chiarezza. Pane al pane, vino al vino. Senza sconti per nessuno. Prima di lui, nessuno era stato così trasparente con Pazzini. Nè Pecchia, nè Grosso, sempre rifugiatisi in corner dialettici senza coraggio e senza futuro. Oggi, solo oggi, la gente sa perchè Pazzini non gioca. Anche se (anche Juric lo pensa) probabilmente è l’uomo gol più forte, più esperto, più navigato di tutti. Ma la B è una cosa, la A un’altra. E comunque, A o B che sia, Juric ha una sola strada per centrare l’obiettivo. La chiarezza. Che vuol dire credibilità col gruppo. Con la gente. Con la società. “Mi serve un’altra punta” ha detto. Ecco Stepinski. Insomma, idee chiare e la voglia di raccontarle senza giri di parole. Quello che in fondo, vuole la gente di Verona, dopo anni in cui, tra altalene (A, poi B, poi ancora A, poi ancora B) e stelle filanti, aveva perso pure la voglia di andare al Bentegodi. Aglietti ha riacceso la luce. Juric ha ripreso il filo del discorso. Con la sua aria da combattente, con la sua voglia di sincerità. Ancora non è del tutto, completamente, il “suo” Verona. Ma il Milan, incerto e un po’ confuso, che arriverà tra sette giorni al Bentegodi, farà bene a tener alta la guardia. Parola di Juric, “potete fidarvi”.
Raffaele Tomelleri