Parla Flavio Massimo Pasini. Mette i sindaci in rete Quando nel gennaio di quest’anno si è dovuto eleggere un nuovo presidente della Provincia si è pensato subito a lui e alle sue capacità di dialogo che aveva dimostrato al vertice della conferenza dei primi cittadini nel difficile periodo del Covid

Nella Lega ho trovato spirito di squadra

La sfida più grande è la sicurezza stradale, oltre ad aiutare i comuni a livello finanziario

Otto anni come consigliere di opposizione al Comune di Nogara, poi assessore all’Urbanistica e vicesindaco, infine nel 2016 eletto sindaco a capo di una civica senza simboli di partito, ma di ispirazione centrodestra. Gli abitanti dell’ex Stalingrado della Bassa veronese, evidentemente contenti, lo rieleggono nel 2021. Nel frattempo, Flavio Massimo Pasini ricopre il ruolo di presidente della Conferenza dei sindaci dell’Ulss 9 scaligera: incarico difficile, visto che coincide con il biennio del Covid. Difficile, ma proficuo. I sindaci in chat si conoscono e imparano a dialogare fra loro. E quando, nel gennaio di quest’anno, si deve eleggere il nuovo presidente della Provincia di Verona, è proprio a Pasini, e alla sua capacità di mettere in rete i sindaci del territorio, che si pensa. Sulla base, per la prima volta, di un disegno unitario fra i diversi partiti, Pasini viene eletto con il 51,7 per cento dei sindaci e dei consiglieri comunali veronesi.
Presidente Pasini, uomo di larghe intese lo è sempre stato: da iscritto a Forza Italia ha fatto il vicesindaco nella giunta guidata da Luciano Mirandola, storico esponente della sinistra nogarese.
“Il Comune di Nogara aveva sforato il patto di stabilità e veniva dall’esperienza amara del commissario prefettizio che, per far quadrare i conti, aveva alzato le rette delle palestre, mettendo le associazioni in difficoltà. Adesso il patto di stabilità non impone misure così drastiche, ma all’epoca era una vera tenaglia: il Comune non poteva assumere personale, né accendere mutui. In due anni siamo riusciti a rientrare, consentendo al Comune di riprendersi”.
Di FI è stato anche segretario organizzativo provinciale, poi dal 2015 non ha più voluto etichette politiche. Perché?
“Non avevo avuto un grosso riscontro a livello di aiuto territoriale. Allora era un partito che non esisteva, anche se radicato a livello locale. Il tesseramento non incideva sulla vita politica, non c’era squadra. Abbiamo vinto le lezioni nel 2016 con una lista civica: ci siamo arrangiati”.
Cosa l’ha convinto ad aderire alla Lega nel 2020?
“Vedevo tanti sindaci tesserati che, oltre ad amministrare, facevano anche vita di partito. Ho cominciato a sentire la necessità di creare una squadra fra sindaci del territorio, con una base politica di riferimento. Quindi ho aderito alla Lega, che ritengo un partito capace di salvaguardare gli interessi locali”.
In Lega si sente più vicino alle posizioni di Salvini o a quelle di Zaia?
“Sono due posizioni ugualmente importanti. In questi ultimi anni ci sono difficoltà in tutti i partiti: forse la Lega è quello che evidenzia meno le diversità fra le varie componenti. Zaia va bene a livello regionale, come Salvini va bene a livello nazionale”.
La provincia veronese è composta da tre ambiti disomogenei: la pianura, la Lessinia, l’area del Garda. Non è facile mettere insieme realtà così diverse…
“Soprattutto perché è una provincia molto estesa. Sono 98 comuni, da Malcesine arrivi a Castagnaro: territori diversi, con esigenze diverse. É una scommessa, metterli insieme! Anche se devo dire che adesso tutti i sindaci dialogano tra loro sulle varie problematiche”.
Quali sono i principali progetti in corso?
“La sfida principale è quella sulla sicurezza stradale: abbiamo investito 30 milioni di euro, più altri 10 per le asfaltature. Cerchiamo di dare un aiuto a tutti i comuni a livello finanziario. La Provincia, dopo la legge Del Rio, è rimasta con poco personale, quindi abbiamo promosso due bandi per assegnare le risorse ai Comuni, che le utilizzano su progetti redatti dai loro uffici tecnici”.(rl)

Istituti dislocati, creare dei poli scolastici

Il Pnrr è dedicato anche all’ammodernamento, l’efficientamento energetico e le palestre

Quanti finanziamenti arriveranno dal Pnrr e per quali interventi?
“Per il momento 24 milioni, dedicati tutti agli istituti superiori, per ammodernamento, adeguamento alle norme antisismiche, efficientamento energetico, palestre. Anche questa sarà una bella scommessa, perché molte scuole sono troppo vecchie per essere rimodernate. Quindi, dove possibile, cercheremo di raggruppare gli istituti in veri poli scolastici. Oggi non funziona più avere scuole dislocate in giro per la città, in tanti posti diversi, difficili da raggiungere con i mezzi pubblici”.
Quindi la sua idea quale sarebbe?
“Alcuni istituti, come ad esempio il Conservatorio, è bene che siano in centro. Altri vanno raggruppati in poli scolastici, più raggiungibili per chi arriva dai diversi comuni della provincia. Penso a vere e proprie cittadelle scolastiche, lontane dal centro ma più servite: ad esempio, potrebbe essere adatta la zona della Fiera”.
Dopo tanti anni è rispuntata la vecchia idea di «Verona città metropolitana» che, di fatto, andrebbe a sostituire la Provincia. Lei cosa ne pensa?
“Penso che ci vorrà tempo, quindi parlo al di là del mio impegno come Presidente. Ragionando sull’interesse del territorio, credo che molti dei comuni della provincia risulterebbero svantaggiati, rispetto agli interessi cittadini. Il sindaco della città capoluogo, votato da 250 mila abitanti, diventerebbe il sindaco di un territorio di 1 milione di abitanti. Ma al suo secondo mandato, verrebbe rieletto sempre dai cittadini di Verona: dove concentrerà gli interessi principali, se non sulla città? Questo è il primo problema che vedo”.
Quali altre criticità vede?
“L’idea di città metropolitana è nata negli anni ‘90 sulle grandi città, dove era più facile avere un territorio omogeneo. Nel caso della provincia veronese, invece, le esigenze sono diversissime. E poi per guidare un’area metropolitana ci vuole una persona molto ben preparata, a livello amministrativo, sia per la città che per il territorio: non mi pare un’impresa facile! Certo, se arrivano più finanziamenti, non sono contrario. Ma mi sembra che, al momento, sia l’unico aspetto positivo”.
I sindaci dei comuni veronesi, secondo lei, cosa ne pensano?
“Nella provincia veronese ci sono grossi centri, come Legnago, Villafranca… come ci comportiamo con questi sindaci? Credo che il dialogo sarebbe davvero difficile. La mia idea, e quella di tanti altri sindaci italiani, è quella di far tornare le Province quelle che erano prima della legge Del Rio. Che significa: riproporre una macchina organizzativa che era collaudata e funzionava. Dopo averle considerate enti inutili, ora ci si accorge che la Regione da sola non riesce a gestire tutte le deleghe e che le Province servono”.
Ma dopo dieci anni è difficile rimettere in moto la macchina amministrativa.
“Certo. Per la prima volta dopo tanti anni abbiamo fatto 27 assunzioni di personale, collocato nei vari settori tecnici e amministrativi. Cerchiamo di riproporre un servizio efficiente a livello provinciale. Non è facile: è una scommessa impegnativa, anche dal punto di vista dell’impegno personale”.
Prima di entrare in politica, a Nogara, era impegnato nel volontariato…
“Che mi ha dato moltissimo. D’accordo con mia moglie, dopo il disastro di Chernobyl abbiamo cominciato a ospitare due sorelline ucraine, che hanno continuato a venire da noi regolarmente. Le consideriamo nostre figlie. Glabhira studia in Francia; Olona, la più grande, abita a Kiev ma ha avuto una bambina, Milana e ora, per timore del conflitto, è momentaneamente residente con la figlia a Nogara. Quando è scoppiata la guerra eravamo al telefono con lei: abbiamo sentito le prime bombe in diretta”.
Rossella Lazzarini