Francesco mette in riga l’Opus Dei: da ieri è entra to in vigore il decreto papale di riforma dell’influente organizzazione cattolica conservatrice, spesso criticata per il suo funzionamento settario che spinse qualcuno a definirla la “Mafia di Dio”. Molto attiva in Europa e America Latina la Opus aveva ottenuto nel 1982 da Giovanni Paolo II lo status – unico – di “prelatura personale”, una sorta di superdiocesi senza territorio, regolata sia dal diritto canonico che dai propri statuti e che rispondeva direttamente al Papa.
Col suo Motu Proprio Francesco ridimensiona il potere e l’indipendenza della potente e ricca organizzazione stabilendo un distanziamento tra lui e l’Opus. Il documento pontificio, intitolato “Ad carisma tuendum” (A tutela del carisma), già circolato a luglio indica che le prerogative pontificie sulla prelatura personale sono affidate al Dicastero – l’equivalente di un ministero – per il clero.
Da adesso annualmente (e non più ogni 5 anni) l’Opus dovrà presentare a questo organo una relazione sulla situazione interna e sull’andamento del suo lavoro apostolico. Il 13 marzo 2013, quando la fumata bianca vaticana annunciava il nome di Jorge Mario Bergoglio come nuovo pontefice, un brivido investì tutti i centri dell’Opus Dei.
L’organizzazione ultraconservatrice, fondata nel 1928 dal sacerdote spagnolo Josemaría Escrivá de Balaguer, ha sempre considerato i gesuiti, l’ordine religioso a cui appartiene il papa, i suoi nemici. Ovviamente il regolamento interno e segreto, che diceva che un gesuita non avrebbe mai messo piede in un centro dell’Opus Dei finì nel cestino.
Bergoglio, che da quando è salito al soglio pontificio si è impegnato a riformare la Curia romana, il governo centrale della Chiesa, ha approvato diverse misure per modernizzare e garantire una maggiore trasparenza all’interno dell’istituzione.
Le dinamiche settarie dell’Opus non sono però prerogativa esclusiva di questa istituzione nel mondo cattolico.
Per l’Opus Dei però c’è stata qualche ulteriore nota negativa quando 43 donne provenienti da Argentina, Paraguay, Bolivia e Uruguay hanno sporto denuncia formale al Vaticano per abuso di potere e sfruttamento indicando in un documento di 30 cartelle come l’organizzazione le avesse reclutate quando erano adolescenti con la promessa dell’istruzione e in realtà le facevano lavorare come domestiche per i membri dell’organizzazione senza remunerarle. Una sorta di vassallaggio che in certo casi è durato decenni.