Installare i pannelli fotovoltaici sui tetti si può anche se la Soprintendenza dice no: il beneficio per i condomini prevale su presunti danni al paesaggio che vanno ben documentati e dimostrati. E’ quanto dice in sostanza la sentenza breve del Tar sezione seconda presidente Grazia Flaim, che ha accolto il ricorso presentato dalla società cooperativa case alloggio Sacca con un dispositivo che è destinato a fare scuola di fronte alle tante richieste di installazione di pannelli solari nelle case in ristrutturazione in centro storico o contesti paesaggistici di pregio.
La cooperativa aveva impugnato il provvedimento del Soprintendente ad Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, che all’epoca era Vincenzo Tinè, con il quale veniva negata l’autorizzazione alla collocazione di pannelli solari e fotovoltaici su una delle falde del tetto dell’edificio in via Alto San Nazaro, immobile denominato “Quartiere XVI ottobre”, tutelato da vincolo paesaggistico e storico. Un immobile che risulta quindi in centro storico e che è oggetto di un consistente intervento di restauro a fini residenziali. La cooperativa aveva proposto i pannelli fotovoltaici per eliminare le caldaie a gas con relative emissioni e ottenere una gestione più sostenibile del complesso. Per due volte la Soprintendenza ha negato l’autorizzazione sostenendo che l’intervento sarebbe stato distruttivo e incompatibile con la conservazione del bene tutelato. Ma il Tar ha bocciato la scelta della Soprintendenza spiegando che il provvedimento con il quale è stata negata l’autorizzazione “non appare supportato da adeguata istruttoria e motivazione, contenendo una motivazione generica, non specificatamente riferita né al contenuto del vincolo rispetto alle caratteristiche del fabbricato, né allo stato di conservazione dell’immobile”. E che “anche il tetto risulta oggetto di un importante intervento di ricostruzione”.
Pertanto, scrive il Tar nella sentenza, pur riconoscendo alla Soprintendenza ampia discrezionalità, essa “è tenuta a operare un proporzionale bilanciamento degli interessi coinvolti e che in specie, il sacrificio imposto al privato appare sproporzionato rispetto al beneficio che l’immobile vincolato potrebbe trarre dal progetto di recupero e risanamento in atto”.
Inoltre il Tar precisa che “l’impiego di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è qualificato dalla legislazione vigente come opera di pubblica utilità ed è incentivato dalla legge in vista del perseguimento di preminenti finalità pubblicistiche correlate alla difesa dell’ambiente e dell’ecosistema, sicchè le motivazioni di diniego devono essere particolarmente stringenti”.
Di conseguenza, i pareri della Soprintendenza contrari all’autorizzazione per i pannelli “sono illegittimi per eccesso di potere e difetto di motivazione e di istruttoria”.
La Soprintendenza quindi è tenuta, dice il Tar, ha procedere all’autorizzazione paesaggistica e a pagare le spese quantificate in 1500 euro.
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