Faceva davvero il dentista, Pak Doo Ik? No, probabilmente no, lavorava in qualche ufficio. Ma non conta. In fondo, fu bello (bello?) allora, pensare di essere stati eliminati dal gol di un dentista. In realtà, i coreani non erano professionisti, ma non erano poi così male se, al turno successivo, arrivarono persino a segnare 3 gol al Portogallo, prima che si svegliasse un certo Eusebio.
Quando avvenne questo, l’Italia di Mondino Fabbri era già a casa, ricoperta di insulti e di vergogna, per una delle sconfitte più tristi della storia. Col senno di poi, purtroppo, avremmo definito Corea anche la Macedonia, ma questo è un altro discorso. Allora, estate del ‘66, Mondiale d’Inghilterra, pareva davvero una formalità. “Battiamo la Corea e ci qualifichaimo” aveva detto Fabbri. Nè lo spaventava la relazione di Ferruccio Valcareggi, suo assistente. “La Corea? Una squadra di Ridolini” aveva sentenziato zio Uccio.
Invece, ci fu pochissimo da ridere. Bulgarelli, al quale Fabbri non avrebbe mai rinunciato, uscì per infortunio dopo mezz’ora. L’Italia sbagliò decine di palle-gol, Albertosi s’inchinò a un tiraccio di Pak Doo Ik a fine primo tempo. Nella ripresa, con l’uomo in meno, fu un assedio senza risultato. A casa. Da allora, ogni ko inatteso è una Corea. O una Macedonia. Oggi c’è l’imbarazzo dell scelta…