Il consiglio comunale di Verona anticipa di un giorno papa Francesco. Infatti, nella seduta di giovedì, Mauro Bonato (capogruppo di Verona Domani) ha ottenuto un voto unanime per intitolare una via o una piazza a padre Emilio Recchia lo stimmatino “Giusto fra le Nazioni” che nel pomeriggio di venerdì si è visto riconoscere le virtù eroiche dal Papa e lo ha dichiarato venerabile.
“In questo momento storico – ha commentato Mauro Bonato – dove l’odio la fa da padrone e il 15% degli italiani crede che la shoah sia stata gonfiata, è importante ricordare la figura di Padre Emilio Recchia, un umile prete veronese, mandato nella capitale a fare il parroco, salvò decine di ebrei e alcuni ufficiali del disciolto esercito italiano dalla deportazione nei campi di concentramento”.
Padre Emilio Recchia è una figura tutta da riscoprire. Nato a Verona, in vicolo volto San Luca, il 19 febbraio 1888 è morto a Roma il 27 giugno 1969.
Entrato nella congregazione degli Stimmatini fondata da San Gaspare Bertoni, a 15 anni divenne sacerdote nel 1911. Impegnato a Gemona, Pistoia, Verona e Milano, divenne maestro dei novizi e direttore del seminario egli stimmatini per essere successivamente inviato nella parrocchia romana di Santa Croce al Flaminio.
Ha vissuto in pieno gli orrori del primo conflitto mondiale.
Durante la prima guerra mondiale partecipò come cappellano in Friuli e quando il 30 ottobre 1917 fu dato l’ordine di ritirarsi, padre Emilio rimase accanto ai soldati italiani. Arrestato con i pochi superstiti dagli austriaci, fece l’esperienza della prigionia nel Campo di Schwarmstedt dove, da prigioniero, continuò l’opera di cappellano fino al 3 gennaio 1919. Nominato parroco a Santa Croce a Roma, si affidò alla Madonna durante la seconda guerra mondiale per impedire che le bombe negli anni di fuoco (1943-1944) colpissero la sua Parrocchia. Viceparroco per 8 anni e quindi parroco per 32, rivelò l’eroismo della sua carità sacerdotale mettendosi a totale disposizione dei fratelli a lui affidati.
A Roma, nel periodo dell’occupazione nazista dopo l’8 settembre del 1943 e fino al giugno del 1944 la basilica di Santa Croce, dove Padre Emilio era il parroco, fu il rifugio sicuro per centinaia di ebrei.
Egli ospitò a rischio della propria vita in alcuni locali segreti della chiesa una nutrita comunità ebraica salvandola dalla deportazione. Inoltre, Don Emilio, con l’ausilio di sette sacerdoti, aprì le porte della Chiesa a tutti coloro che si sentivano in pericolo. Si raggiunsero i duecento ospiti, che avevano abbandonato le loro case per sfuggire ai campi di concentramento e alla morte.
Nel 2014 Yad Vashem l’istituto israeliano per la commemorazione dei martiri e degli eroi dell’olocausto ha assegnato ai parenti di Don Emilio Recchia e a quelli di Padre Alberto Tambalo che fu suo vice nella stessa basilica in quel periodo, la medaglia di “Giusto fra le nazioni” alla memoria.