Fuori dal Veneto c’è un altro Veneto. Quello fatto dai nostri emigrati, 5 milioni per l’appunto, come il totale della popolazione residente nelle nostre 7 province. Si tratta di gente abituata a sgobbare, che lasciata la propia terra d’origine non ha preteso sussidi o altre agevolazioni. Arrivate a destinazione, chi per tentar fortuna, chi per motivi di lavoro o di studio, queste persone si sono fatte apprezzare per serietà e determinazione. Hanno portato il dna veneto nei 5 continenti. Solo l’anno scorso sono emigrati all’estero 10 mila nostri giovani, in fuga dall’Italia incapace di offrire prospettive e meritocrazia, più che dal Veneto, si capisce. Sparsi per il mondo ci sono luoghi, a volte incantevoli, in cui il veneto è la prima lingua. Basti pensare a Florianopolis, nello Stato brasiliano di Santa Catarina, dove si parla il talian (il nostro dialetto con influssi portoghesi). ll governatore Luca Zaia – suo nonno Enrico nacque in Brasile nel 1896 – ha incontrato nel Bellunese i rappresentanti di questa enorme comunità di conterranei. “Grazie a loro è stato esportato nel mondo il modello veneto dell’emigrazione” ha detto Zaia. “Si tratta di uomini e donne che non sono andati a riempire le galere o a bighellonare per le strade, ma per realizzare un progetto di vita, per portare lavoro, conoscenze e competenze, capacità di sacrificio, nel rispetto delle leggi, degli usi e costumi delle terre che li hanno ospitati. Hanno concorso alla crescita dei Paesi che li ospitavano, con la fatica e a volte anche con la tragedia, a volte ricoprendo importanti incarichi nella vita sociale, economica e politica locale. Se un tempo i nostri migranti partivano con la valigia di cartone, per fame o perchè c’era la guerra” ha sottolineato il governatore “oggi la migrazione, in particolare quella giovanile, è rappresentata dalla sete di conoscenze, dalla “circolarità di cervelli”, dalla ricerca di nuovi sbocchi professionali all’estero. Ma sempre al primo posto ci sono i valori veneti, tra cui la serietà, la voglia di fare, la laboriosità, l’onestà, che i nostri emigranti nel mondo continuano ogni giorno a rappresentare. Sono loro l’orgoglio veneto, in tutto il mondo. Sono fiero di questo ‘secondo Veneto’” ha concluso il ‘doge’ “e continuerò a esserlo, perché ciò che ci tiene saldamente uniti è la nostra identità e quella bandiera che, con la fierezza del leòn, parla di pace”.