Ore 19.34, un colpo al cuore d’Irpinia Accadde esattamente 40 anni fa, il terremoto più forte del XX secolo: 3000 morti !

Irpinia, 1980. Ecco i riferimenti di un capitolo tragico della storia d’Italia. Uno dei terremoti più devastanti del ventesimo secolo, in Italia, ha avuto il suo epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania. Le conseguenze disastrose: 2.914 i morti, 8.848 i feriti e circa 280.000 gli sfollati.

LA SCOSSA
È quasi ora di cena di una domenica di fine novembre. Alle 19,34, la mostruosa scossa di magnitudo 6.9 dà inizio al sisma. L’area situata fra Campania e Basilicata, fra le province di Avellino, Salerno e Potenza inizia a tremare prepotentemente e la scossa prosegue per 90 interminabili secondi. 90 secondi che segneranno per sempre il destino degli abitanti di quell’area e dell’Italia intera.
Il grado assegnato al sisma dalla scala Mercalli, definisce la scossa “completamente distruttiva”.
L’Ufficio del Commissario Straordinario evidenziò che dei 679 comuni interessati, 506 (il 74%) furono danneggiati dal sisma.

I SOCCORSI
“FATE PRESTO”, “I MORTI SONO MIGLIAIA. 100.000 I SENZATETTO” questi i titoli che campeggiavano sulle prime pagine dei quotidiani di quei giorni.
Tra gli elementi che aggravarono le conseguenze del sisma: lo stato deteriorato delle infrastrutture per le radiotrasmissioni che complicarono le comunicazioni a distanza, l’isolamento geografico delle aree colpite causato dal crollo di ponti e delle strade di accesso che determinarono la difficoltà di accesso dei mezzi di soccorso nelle zone dell’entroterra. Su tutto, fu l’assenza di un’organizzazione di protezione civile che consentisse azioni di soccorso in maniera tempestiva e coordinata a costituire la lacuna più gravosa.
Nonostante il parere contrario del Presidente del Consiglio Forlani, l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, raggiunse in elicottero l’Irpinia, il giorno successivo al sisma.

IL DISCORSO DI PERTINI
“Italiane e italiani, sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione poi dei sopravvissuti vivrà nel mio animo”. Di ritorno dai luoghi della tragedia, Sandro Pertini tenne un discorso rivolto agli Italiani, che venne trasmesso in televisione.
Straziante lo scenario documentato da Pertini: “Quello che ho potuto constatare è che non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi. E i superstiti presi di rabbia mi dicevano: “Ma noi non abbiamo gli attrezzi necessari per poter salvare questi nostri congiunti, liberarli dalle macerie””.
Il discorso del Capo dello Stato fu in grado di mobilitare un gran numero di amministrazioni locali, associazioni, privati cittadini di tutta Italia e della comunità internazionale che furono di grande aiuto.

LA RICOSTRUZIONE
Ai fini del rilancio delle zone colpite dal sisma, furono stanziate ingenti somme: 57 miliardi di lire.
La ricostruzione fu costellata però anche da episodi di cattiva gestione dei finanziamenti, legati alla corruzione di politici e amministratori e all’infiltrazione di organizzazioni criminali.
Un dato che dice molto dell’inefficienza della ricostruzione: all’inizio del 2000 diverse migliaia di persone in Campania ancora vivevano in alloggi provvisori.
Lo stesso Pertini nel suo discorso indignato aveva espresso questo timore e quasi profetico aveva detto: “Non deve ripetersi quello che è avvenuto nel Belice. I terremotati vivono ancora in baracche: eppure allora fu stanziato il denaro necessario. Mi chiedo: dove è andato a finire questo denaro? Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice? Costui è in carcere come dovrebbe? Perché l’infamia maggiore, per me, è quella di speculare sulle disgrazie altrui”.

L’INSEGNAMENTO PIÙ PREZIOSO
Ogni fatto importante della nostra storia, per quanto doloroso, è in grado di offrirci un dono, un insegnamento. Anche in questo caso, ripercorrere le pagine di questo e di altri capitoli tristi sembra suggerire qualcosa anche al nostro presente, martoriato da una pandemia e spaesato rispetto al futuro. Ci fa intravedere una via da imboccare, una strada da percorrere, per chiudere al più presto questo capitolo. “Qui c’entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura”, disse Pertini, senza retorica. In quel caso la solidarietà richiedeva coraggio, intraprendenza e un lungo viaggio. Oggi a noi basta molto meno. “Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. Sono trascorsi 40 anni esatti, e l’attualità di questo insegnamento spiazza. Non ci resta che metterlo in pratica.

Stefania Tessari