Fu il colpo a sorpresa del Verona nell’estate 2007. Ci vollero poche ore per sposare il progetto Hellas, una trattativa lampo. Ma l’ex difensore Giovanni Orfei, “Il Barone”, le pagine più belle della propria storia calcistica le aveva scritte prima. Con la Reggiana di mister Ancelotti, dove per la prima volta ha conquistato da giovanissimo la A. E poi a Modena e a Torino sotto la guida di De Biasi, con altri due salti nella massima serie. Tante maglie e un curriculum importante, che vanta tre promozioni nel palmares: Reggiana nel 1996, Modena nel 2002 e Torino nel 2006. Per lui, però, il ricordo più significativo resta un altro.
Qual è stata la soddisfazione più bella della tua carriera?
“Lo scudetto con la Primavera della Lazio. Essendo anche tifoso, quella per me è stata una gioia indescrivibile. Eravamo una squadra importante, con Di Vaio e Nesta tra gli altri. I tre campionati vinti in Serie B sono stati tutti belli, non riesco a farne una classifica. La Reggiana è stata la mia prima squadra professionistica, con Ancelotti allenatore, e forse l’esperienza a cui sono legato di più. Con il mister avevo un rapporto d’oro, perciò se devo scegliere ti dico quella. A livello emotivo me la porto nel cuore”.
Perché il Verona? Come è nata quella trattativa?
“Verona è stata una trattativa lampo. Allora giocavo nella Salernitana, è stato un trasferimento chiuso nel giro di tre o quattro ore. Quando mi si è presentata l’opportunità ho accettato immediatamente, non sono nemmeno stato lì a vedere il contratto. Avevo già risposto sì prima di sapere tutto. Come fai a dire di no all’Hellas? È stata la decisione giusta, anche perché poi mi sono fermato a vivere qui. Dopo due mesi sono diventato capitano, e nonostante l’anno particolare condizionato dai play-out, sono rimasto fortemente legato alla città”.
Adesso alleni il Pescantina Settimo, in Eccellenza…
“Abbiamo un progetto a lungo termine, con una squadra tra le più giovani del campionato. Ho schierato in campo anche dei 2004, penso di essere l’unico ad averlo fatto. Il nostro obiettivo è salvarci il prima possibile. Abbiamo smantellato la rosa rispetto all’anno scorso, sono rimasti solo tre o quattro elementi. La politica della società è quella di far giocare il più possibile i giovani, e ce ne sono alcuni bravi. Al momento siamo in linea con i risultati e con quello che vogliamo fare per questa stagione”.
Da dove nasce il tuo soprannome “Il Barone”?
“Mi chiamano così dalla Primavera della Lazio. A Roma si usava dare dei soprannomi. Forse il mio me l’hanno dato perché a 18 anni mostravo già personalità e un modo di giocare un po’ elegante. È un soprannome che mi sono portato avanti per tutta la carriera”.