Nella Storia delle Olimpiadi, ieri, è entrato di diritto anche Nicolò Martinenghi, medaglia d’oro nel nuoto sui 100 Rana. Un successo, il suo, che ha sorpreso e incantato al pari di un prodigio. Tanto inaspettato, quanto magico e impressionante.
Nuoto, Martinenghi vince l’oro nei 100 Rana
Un trionfo, quello di Martinenghi che ha vinto l’oro nei 100 Rana, che è stato meraviglioso e importantissimo per diversi motivi: è il primo nel corso della spedizione italiana a Parigi 2024 e, speriamo, rappresenti una scossa positiva al trend che, nonostante alcuni notevoli risultati (l’argento di Pippo Ganna, i podi di Monna e Maldini nella pistola 10 metri, il bronzo di Semele nella sciabola), ha già portato, però, anche qualche delusione per il team azzurro.
Una vittoria quasi insperata perché ottenuta contro un atleta, presente un paio di corsie più in là, il cui soprannome è l’Uomo-Rana: Adam Peaty, il campione uscente e il detentore del World Record. Non uno qualunque.
È una prodezza realizzata con determinazione e impegno e che ci riporta sul gradino più alto della specialità, dopo ventisei anni dall’ultima volta. E la mente non può che tornare, così, a Tokyo, a quel lontano agosto di tre anni fa, quando Marcell Jacobs tagliò per primo il traguardo dei 100 m piani. La distanza, in questo caso, era la stessa, il terreno di gioco diverso, il sogno e il percorso per puntare alla vetta, altrettanto folli e disseminati d’ostacoli.
Il corridore, allora ai più ancora sconosciuto, incantò il mondo mettendo le ali ai piedi sulla pista d’atletica; ieri sera, solcando l’acqua come una creatura del mare, l’asso di Varese ha compiuto un’impresa simile e parimenti grande.
Martinenghi, a differenza del velocista, ai precidenti giochi, ma soprattutto in occasione di Mondiali e Europei, a suon di prestazioni straordinarie, si era già costruito un nome, assieme agli altri fenomeni di reparto (attendiamo con trepidazione le prove di Ceccon, Pilato e di tutti gli altri astri della vasca), portando il nostro nuoto su binari fantascientifici.
Sembra quasi impossibile essere lì, in testa, a combattere, bracciata dopo bracciata, con i migliori di sempre: Stati Uniti, Australia, Gran Bretagna. Eppure, negli ultimi anni, il Tricolore è sventolato sempre più spesso sopra gli altri, accompagnato dalle note trascinanti dell’Inno di Mameli.
Come ricordato dallo stesso campione azzurro nel corso delle interviste, però, un successo ai Giochi Olimpici è qualcosa di unico, è l’obiettivo di un’intera carriera e la spinta più forte a dedicare anima e corpo alla competizione sportiva. Lo dicevano anche il suo entusiasmo nel salutare tutti i presenti, il suo sorriso energico, i suoi occhi velati di malinconia e di gioia, con la medaglia al collo e la testa mai tanto affollata di pensieri, mai così colma di gioia. La musica di Vangelis può ora risuonare per lui potente e bellissima.