Alessandro Gonzato
Nell’era pre-Covid a Verona era una continua caccia al record: record di presenze in Arena, record d’arrivi ai mercatini di Natale, record per i banchetti di Santa Lucia, per la Fiera di turno, per le piazze con gli assaggi di prodotti tipici che spesso di tipico non hanno nulla, record sui bus turistici, record di passeggeri in stazione, record di pernottamenti negli alberghi, record anche nelle case-vacanze, che poi chissenefrega se erano tutti autentici questi record, tanto nei titoli dei giornali e nei tiggì di casa nostra la parola “record” sta come la pearà sul bollito e in più fa contenti tutti. Ora che Verona (come il resto d’Italia e gran parte d’Europa) è ripartita, e l’ha fatto con eventi affascinanti su tutti il Festival lirico la cui prima si è intrecciata con la Mille Miglia e Motor Bike , il “record” è tornato di moda, e per una volta va bene, tanta era la voglia di tornare a vivere. Il timore però è che la pandemia abbia insegnato poco nulla e che adesso tra i nostri amministratori ricominci la caccia al record, che troppo spesso nell’epoca precedente era quantitativo più che qualitativo. Verona a un certo punto era diventata invivibile per i veronesi: le vie del centro dei budelli di gente ammassata, manifestazione d’ogni tipo, maratone di giorno e di notte con annessa chiusura delle strade, parcheggi esauriti. Verona non ha bisogno di alcun record, ché lo è già per bellezza, e la città, se ordinata e pulita, attira di per sé i turisti. Doveroso organizzare eventi d’alto livello e talvolta anche per il “popolo”. Attenzione però a non esagerare, ché avevamo detto che la pandemia, terminata, avrebbe migliorato anche la nostra idea di città.