Il 27 settembre di 50 anni fa andò in onda la prima puntata di “Novantesimo minuto”, scritto così, tutto in lettere. E se il destino vi ha concesso di far parte di quella generazione cresciuta senza telefonini e internet, saprete che il rituale della domenica italiana aveva i crismi della sacralità. La settimana lavorativa terminava per tutti sabato all’ora di pranzo, e subito dopo i ragazzini col pallone in mano correvano al campetto, per la gioia dei genitori che si gustavano finalmente un pomeriggio in relax. Di partite in TV nemmeno l’ombra, si giocavano tutte la domenica. Erano i primi anni ’70, e da lì a poco l’Italia si apprestava a vivere una delle più grandi crisi economiche mondiali, dettata dai contrasti tra il Medio Oriente e i compratori di petrolio. Era un’altra epoca. Eppure da un punto di vista mediatico qualcosa di rivoluzionario stava per succedere. Le partite del mondiale di Mexico ’70, con la mitica voce di Nando Martellini a commentare gli Azzurri sull’unico canale televisivo presente (RAI), segnarono una sorta di spartiacque generazionale. Il televisore cominciava a “entrare” nelle case degli italiani e il calcio si stava diffondendo come forma di intrattenimento in tutta la penisola. “Tutto il calcio minuto per minuto” aveva già fidelizzato gli ascoltatori radio della domenica pomeriggio, ma un gruppo di precursori della televisione pubblica, presentò all’azienda un progetto ambizioso: portare per la prima volta in TV tutte le immagini della Serie A, subito dopo la conclusione delle partite. A Remo Pascucci, Maurizio Barendson e Paolo Valenti dobbiamo la nascita del programma calcistico più amato dagli italiani, che acquisì nel corso delle edizioni un ruolo fondamentale nel diffondere questo sport verso il grande pubblico, con punte di ascolto stratosferiche per quegli anni (20 milioni di telespettatori). La formula della trasmissione era molto semplice: sigla accattivante e indimenticabile (composta da Julius Steffaro, pseudonimo di Jan Stoeckart), il faccione tanto atteso di Valenti a dare il benvenuto e leggere i risultati e Barendson a commentare le gare. Il successo fu legato anche allo stile spontaneo e alle performances dei corrispondenti delle sedi regionali della RAI, che entravano nelle nostre case con ironia e garbo. Geniali gli autori che avevano capito fin da subito che i loro giornalisti “veraci”, tra pronunce incomprensibili, look improbabili e battute sincere erano lo spettacolo perfetto per attirare tutti davanti alla TV.
Tonino Carino raccontava delle vicende dell’Ascoli di Costantino Rozzi e Carletto Mazzone, Luigi Necco della sua scarsa propensione a reggere le esultanze dei tifosi avellinesi e poi del Napoli di Savoldi e in seguito di Maradona. Ferruccio Gard dell’Udinese di Zico ed Edinho, ma anche dal Bentegodi, per un Verona che di lì a poco avrebbe acceso l’Italia. Giorgio Bubba del Genoa e di quella Sampdoria che stava gettando le basi per un futuro vincente. Gianni Vasino da Milano, Cesare Castellotti che commentava il Torino secondo in classifica nel 1985 con Junior, ed anche Edi Bivi, che nell’anno dei Mondiali ’82 seppe trascinare il Catanzaro al sesto posto. E poi il Verona dello scudetto con quell’Osvaldo Bagnoli allenatore-operaio, parentesi irripetibile e massimo esempio di un mondo che non esiste più. Furono gli anni del calcio di provincia, che visto oggi, sembra lontanissimo. Valenti rimase eroicamente in sella alla conduzione fino a poche settimane prima che un brutto male se lo portò via, e rifiutò sempre di dichiarare la sua fede calcistica. Toccò a Nando Martellini, nella puntata di 90º minuto del 18 novembre 1990, salutarlo e rivelare la squadra per la quale tifasse: “Da questo studio per 20 anni Paolo Valenti ha presentato puntualmente 90° minuto, la sua trasmissione, quella trasmissione che aveva voluto, organizzato e diretto. Noi suoi coetanei lo ricordiamo affettuosamente, dopo un sodalizio di vita e di lavoro quarantennale. Paolo Valenti ha presentato la sua trasmissione finché le forze glielo hanno consentito. La sorte gli ha tolto, purtroppo, la gioia dell’ultima trasmissione diretta con il suo stile educativo, con il suo sorriso, ai giovani che tanto amava. Voleva salutare coloro che benevolmente lo avevano appoggiato, ammirato, per 20 anni, e voleva così, innocentemente, comunicare la squadra per la quale faceva il tifo. E oggi, comunicandovelo, mi sembra quasi di assolvere un suo desiderio: Paolo Valenti era tifoso della Fiorentina”. Stupendo anche lo striscione che i tifosi della Viola gli dedicarono: “Paolo, al 90º l’abbiamo saputo, viola con classe e dignità”.
Fabio Ridolfi