«Record di positivi: mai così tanti dal giorno “x”». La formula è tornata in auge, e tecnicamente è corretta. Però in pochi ricordano tutti gli altri dati dello scorso inverno-primavera, quando il Covid riempiva le terapie intensive, la carica virale era alle stelle e morivano persone a grappoli. Oggi l’impennata dei casi è sotto gli occhi di tutti, ma occorre fare chiarezza sulle cifre: “no” alla sottovalutazione del rischio, ma “no” anche al terrorismo psicologico. La formula «mai così tanti da…», nel caso specifico «dal 16 aprile», è stata riesumata ufficialmente il 7 ottobre, quando il bollettino della Protezione civile recitava così: 125.314 tamponi analizzati, 3.678 positivi, 31 decessi. Il 16 aprile però i pazienti in terapia intensiva erano 2.936. Il 7 ottobre 337. Il 16 aprile le morti collegate al Covid erano 525. E il 16 aprile erano stati analizzati la metà dei tamponi: 60.999. Vediamo anche i dati del 9 marzo, primo giorno di lockdown in Italia. Erano stati ufficializzati 1.598 casi, ma a fronte di soli 53.826 tamponi. In terapia intensiva c’erano 733 pazienti. Il virus sta riprendendo quota, non c’è dubbio, e l’autunno-inverno, l’influenza stagionale, e l’inevitabile ulteriore impennata di tamponi non potranno che determinare un altro incremento dei contagiati. E però i numeri vanno analizzati senza drammatizzarli. E i numeri, al momento, ci dicono che l’Italia non è messa poi così male. Il 16 aprile gli “attualmente positivi”al virus erano 106.607, ossia lo 0,18% della popolazione. Oggi (nel momento in cui scriviamo il dato aggiornato non è ancora disponibile) sono poco più di 80 mila, circa lo 0,13. Tutti i maggiori esperti (Zangrillo, Remuzzi, Galli, Rigoli, Le Foche) ripetono che la carica virale si è abbassata notevolmente, che positivo non significa malato e che moltissime persone non sono nemmeno in grado di infettare. Molti laboratori, nell’analisi dei tamponi, per trovare tracce di virus ingrandiscono il genoma virale anche di 35 volte. Il che significa: continuiamo a indossare la mascherina, facciamo attenzione, ma non torniamo a parlare di peste bubbonica come accadeva 8 mesi fa: non era vero allora e a maggior ragione non lo è oggi. Inoltre, se analizziamo i dati degli altri Paesi europei, capiamo immediatamente come la situazione in Italia è molto migliore: siamo al livello della Germania e registriamo mediamente un terzo dei nuovi contagi di Francia, Belgio, Inghilterra e Spagna. In Italia, lo ha ribadito il professor Remuzzi (direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri), il 94% dei positivi è asintomatico. In Veneto la percentuale sale al 95. In Campania, stando ai dati comunicati dalle Asl del territorio, addirittura il 98. Rispetto alla prima settimana di marzo è cresciuta l’età media delle persone decedute: allora era di 79,74 anni, oggi è di 81,59: è molto probabile che sul dato abbia inciso il miglioramento delle cure.
Alessandro Gonzato