“Rientrando nel bilancio consolidato del Comune di Verona, ci sono ampi spazi dal punto di vista giuridico per affermare che Verona Fiere sia tenuta a rispettare la legge Golfo-Mosca del 2012 per il riequilibrio di genere, con la possibilità quindi di rivendicare il quinto dei posti che la legge riserva al genere meno rappresentato (facile indovinare quale sia…) nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali’’, è quello che sostengono Sabrina Ugolini e Claudia Longhi, rispettivamente portavoce di Donne Democratiche di Verona e del Veneto. “Nel 2015-ricordano- in circostanze molto simili, sulla base di una legge diversa, la Delrio, ma con la medesime finalità, come Donne Democratiche eravamo intervenute a sostegno della causa contro il Comune di Zevio obbligando il Sindaco a rivedere la composizione della giunta comunale. A distanza di dieci anni-sottolineano- il problema però non è più giuridico, ma politico e culturale. Quasi ovunque le leggi per la promozione della parità di genere in campo economico hanno dato buoni frutti, contribuendo a rompere il soffitto di cristallo che impedisce alle donne di arrivare ai vertici delle aziende e degli enti. Tranne che a Verona, dove una maggioranza retrograda e arrogante calpesta fino all’ultimo giorno i progressi nei diritti civili e delle persone. Offensive le giustificazioni del Sindaco Sboarina il quale, dicendo che le nomine hanno seguito un criterio di competenza, di fatto ha affermato che in tutta la città non ci sarebbe una sola donna in grado di amministrare la fiera. Peggio la toppa del buco. Propagandistiche-concludono- le dichiarazioni del presidente della Regione Luca Zaia, al quale basterebbe ricordare le recenti nomine dei dirigenti apicali che hanno visto promuovere 10 uomini su 11 posizioni aperte’’.