Le scarpe sono nere, non cercate scarpe colorate, nè sponsor, nè tantomeno tatuaggi. Le maglie sono semplici, bellissime. Gialloblù, a righe verticali. Larghe. Com’è largo il sorriso di Vittorio Tomiet, ultimo in basso a destra. “Prodotto del vivaio”, si diceva una volta. Centrattacco, si scriveva una volta. Tomiet segnò gol importanti, in quel Verona che inseguiva ancora il sogno della A e l’avrebbe raggiunta soltanto tre anni dopo.
E’ l’Hellas di Eros Fassetta, terzo da sinistra in piedi, milanese come l’Osvaldo e con lui arrivato dal Milanper fermarsi, per sempre a Verona. Edicola in Borgo Trento, sposato con una ragazza veronese, il “terzino della rovesciata”, per via della sua specialità acrobatica.
E’ l’Hellas di “Roccia” Maschietto, attaccante veneziano, innamorato di Verona. Estro e generosità, un altro che ha lasciato un segno in quei favolosi anni ‘60.
E poi Cappellino, difensore roccioso, per anni baluardo della difesa, piemontese senza macchia e senza paura. “Ma come – raccontò qualche anno fa – voi vi ricordate ancora di me?”. E si commosse, ripensando agli anni veronesi, “…a quella squadra che avrebbe meritato la serie A e a tanti amici che porterò sempre nel cuore”.
“Eroi” di un calcio che non esiste più, “…dove la maglia era sacra e tu diventavi bandiera anche senza saperlo”, disse ancora Cappellino.
Il Verona di Joan e Di Bari, Zeno e Redaelli. Del “rosso volante”, Giorgio Bissoli, veronese di San Martino e di Lino Golin, ala sinistra di Soave, che poi finì al Milan di Rocco e Rivera.
Tante piccole o grandi storie di campioni senza tempo e senza età…