Una corsa contro il tempo e la sfortuna che la campionessa bergamasca ha vinto classificandosi al secondo posto nella gara di discesa libera delle Olimpiadi, dopo appena due settimane dal trattamento con gel piastrinico al ginocchio sinistro lesionato, eseguito da Claudio Zorzi, chirurgo ortopedico, direttore del Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell’IRCCS Negrar. “Siamo orgogliosi di aver contribuito, insieme al suo coraggio e volontà di ferro, e ai suoi preparatori atletici, all’incredibile recupero e straordinario risultato di Sofia” commenta Zorzi, a cui la campionessa bergamasca si è rivolta dopo la rovinosa caduta di Cortina, con un unico obiettivo: quello di poter partecipare alle Olimpiadi di Pechino.
Zorzi ha trattato Sofia Goggia con infiltrazioni di PRP (Plasma ricco di piastrine). “E’ una procedura largamente applicata sulle articolazioni del ginocchio, dell’anca e della spalla soprattutto in presenza di artrosi che all’IRCCS di Negrar con oltre 6mila trattamenti l’anno registra una delle casistiche più ampie a livello internazionale – spiega il chirurgo – L’impiego sui legamenti crociati è invece più recente ed esistono ancora pochi i casi trattati”
Il PRP è un gel che si ottiene da un normale prelievo di sangue venoso del paziente, che viene successivamente centrifugato con il risultato di un composto concentrato di plasma e piastrine. Il gel viene iniettato all’interno dell’articolazione con una semplice infiltrazione. “I fattori di crescita presenti nel preparato ematico stimolano il processo riparativo del tessuto, trasformandosi in una potente medicina biologica ad alto effetto anti-infiammatorio. Il primo beneficio per il paziente è la scomparsa del dolore, come la stessa Goggia ha riferito. Si tratta di una metodica di medicina rigenerativa, semplice, mininvasiva e ben tollerata, che richiede un intervento di una decina minuti. Il paziente viene dimesso dopo qualche ora di osservazione”, conclude Zorzi.
Quanto alla campionessa bergamasca, ha davvero ringraziato tutti, Verona compresa. “Il medico mi aveva detto: è difficile, ma se farai tutto quello che abbiamo valutato insieme, potrai farcela. Ce l’ho fatta, da buona bergamasca, mola mia, non si molla. Questa medaglia d’argento vale come un oro e forse più…”.
C’è molto di Verona anche nella fase di recupero. Sofia, infatti, s’era allenata in una palestra al Basson, dove aveva seguito le indicazioni del dottor Zorzi, una tabella di marcia che pareva azzardata, ma che la sua tenacia e la sua bravura hanno reso possibile. Mola mia, dicono i bergamaschi. No se mola miga, diciamo noi..