Quelli che oggi sostengono che il virus ci riporterà a marzo o quasi, ossia gli “esperti” che non vedevano l’ora di tornare ad affollare i talkshow anziché lavorare, sono gli stessi che per mesi hanno dibattuto sull’utilità della mascherina, della distanza di sicurezza, degli aperitivi, dello sport all’aria aperta, dello smart working, del gel per le mani, che ci hanno spiegato anche come vanno lavate. Grazie! A furia di cambiare idea a seconda della trasmissione televisiva di turno qualcosa hanno azzeccato, non per scienza, ma per la legge dei grandi numeri, appunto. Alcuni sono stati perfino ingaggiati dal governo come super consulenti, e vien da sé che nei confronti dei cittadini hanno dovuto tenere il profilo imposto dai nuovi datori di lavoro. Se oggi però gli stessi “esperti” ci dicono che il recente innalzamento del numero dei contagi potrebbe scaraventarci indietro di sei mesi significa che in quest’arco di tempo i medici non hanno imparato nulla, gli ospedali non si sono attrezzati, la gente non ha capito niente, e che lo stesso governo da loro spalleggiato è andato in letargo nei mesi caldi. Si dà però il caso che nulla di tutto ciò sia vero. I medici, e lo testimonia il numero limitato di pazienti gravi, hanno capito come aggredire il Corona fin dalle fase iniziali: hanno individuato i farmaci più efficaci e le terapie si son fatte via via più mirate. Non è un caso se le nostre terapie intensive sono molto più libere rispetto a quelle della maggioranza dei Paesi europei. Le strutture sanitarie si sono adeguate: nelle residenze socio-assistenziali i protocolli per difendere i pazienti sono diventati molto rigidi, la sanificazione degli ambienti è capillare, e il personale è stato istruito a dovere. Nei Pronto Soccorso degli ospedali non regna più il caos di fine inverno: a questo proposito sarà fondamentale che il governo inviti tutti a vaccinarsi contro l’influenza stagionale, così da consentire una diagnosi più rapida nell’eventualità di contagio da Covid. I reparti dei nosocomi sono stati organizzati in modo che non vi possano essere più contatti tra pazienti considerati a rischio. Rispetto a sei mesi fa, poi, è cambiata completamente la percezione del pericolo da parte di tutti noi. Alzi la mano chi, nei primi giorni d’epidemia, non l’ha sottovalutata almeno un po’. Ora, nonostante qualche comportamento irresponsabile – ma una parte di irresponsabilità fa parte della vita – sono pochi, pochissimi quelli che scherzano deliberatamente col virus. Siamo molto più attenti a ciò che tocchiamo e la mascherina è diventata un accessorio d’abbigliamento. Neppure chi ci governa ha sbagliato tutto se è vero, com’è vero, che l’Italia – pur tra mille controsensi e alcune situazioni paradossali – sta affrontando la pandemia molto meglio di Spagna, Francia e Inghilterra. Poi c’è la comunicazione, certo, ed è questa a spaventarci almeno quanto il virus. Gridare al ritorno della peste provocherà più vittime del morbo stesso. Riporterà qualcuno a ipotizzare la chiusura delle fabbriche e delle scuole. Ad azzerare nuovamente la vita sociale. Temiamo che qualcuno riprenderà a puntare il dito contro i corridori solitari. Che verranno create ad hoc nuove categorie di untori. Noi diciamo “no” e invitiamo tutti a darsi una regolata, per quel che conta il nostro parere.