“Niente slogan, non sono fatti per me” La politica di Damiano Tommasi: “Non parlo del passato, io guardo solo al futuro”

Un’idea che si può riassumere con il motto “Un nuovo modo di fare campagna elettorale, per un nuovo modo di fare politica”, e che ha due linee guida: responsabilità e credibilità. Concetti che Damiano Tommasi ha ribadito sabato in occasione dell’inaugurazione ufficiale della sede della colaizione che lo sostiene.
“Il mio è un approccio atipico, ne sono consapevole – le parole di Tommasi –. Le persone e i media, si aspettano slogan, progetti, promesse. Ma io non sono fatto così. Debbo capire prima, debbo entrare nei problemi, debbo poter parlare con le persone. Questo è stato il mio modo di fare all’avvio di questa avventura: era più importante creare la squadra, fare lavorare le persone insieme, preparare un programma coinvolgendo esperti che stanno già facendo le cose che noi presentiamo”.
E ancora: “Lo so che la campagna si gioca sulle emozioni, sullo slogan più efficace negli ultimi due giorni prima del voto. Ma non serve a nulla se poi lo slogan non si tramuta in fatti concreti. Io racconterò soltanto di cose fattibili, ascolterò le persone, imparerò dalle eccellenze, parlerò di futuro. Lascerò che del passato parlino gli altri”.
Concetti che si sposano con un’altra filosofia che guida il suo modo di ragionare, quello della semina, fondamentale se poi un domani si vogliono raccogliere i frutti di un buon lavoro: “Le mie origini della montagna mi riportano ai ritmi della natura: la semina, la cura, l’attesa in un tempo disteso che, lo so, mal si addice alla comunicazione toccata e fuga dei nostri giorni”. “La campagna elettorale di un candidato sindaco presuppone visibilità, presenza, slogan, promesse e sorrisi. La mia campagna elettorale, invece, si sta costruendo in maniera atipica con sguardi, strette di mano, ascolto, studio, appunti e sogni. D’altra parte, non ho mai amato i manifesti elettorali: quelle facce dei politici di turno corredati da slogan più o meno condivisi, più o meno accattivanti, spesso ripetitivi e raramente memorabili. Ho dovuto, però, “arrendermi” anch’io al pensiero di vedere la mia faccia sui muri di Verona o tra le mani della gente: sarà con parsimonia e, spero, senza “disturbare” molto”.