Navalny, è una morte che spaventa La famiglia non riesce a vedere il suo corpo. Il dolore del mondo. Dove arriverà Putin?

ALEXEI NAVALNY

Aleksej Navalny, 47 anni, era il più forte oppositore del regime russo dello zar Putin. Gli faceva paura anche da quel carcere alle porte dell’inferno, oltre il Circolo polare artico, dove si va all’ora d’aria con 40 gradi sotto zero, oltre la Siberia dei gulag, perché tra un mese si andrà al voto a Putin non vuole ostacoli sulla sua strada. Navalny era recluso nella Colonia carceraria artica IK-3, dove era detenuto dal 2021 e scontava una pena di 19 anni. La sua morte di Navalny ha scosso tutto il mondo occidentale, morto da eroe, è stato scritto, perché dopo il primo avvelenamento dal quale si era salvato grazie ai medici tedeschi che lo ricoverarono liberandolo dal Noviciok che i sicari gli avevano messo nei boxer, lui aveva scelto di tornare nella sua amata Russia per riprendere l’opposizione politica e rinunciare all’esilio in Germania.
Navalny era un oppositore moderno e quindi molto pericoloso: era nazionalista, amava la Russia, non era contro la sua patria. E sapeva usare benissimo internet e i social: aveva un grande seguito soprattutto quando pubblicava i video che denunciavano la corruzione del potere o le megaville degli oligarchi e di Putin.
In Russia è stato arrestato e condannato almeno 10 volte fino a quando è stato spedito oltre il Circolo polare artico. Qui il suo corpo è misteriosamente scomparso, la madre non riesce a vederlo, non le sarà riconsegnato, non sapremo mai probabilmente perché il suo cuore si è fermato: se per le condizioni di detenzione, se per le botte ricevute, se è stato di nuovo avvelenato, se è stato soccorso o meno.
Una morte di fronte alla quale sono intervenuti il presidente degli Stati Uniti Biden (Putin non resterà impunito), l’alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell (ricorderemo Navalny con le sanzioni per i diritti umani), il nostro presidente Mattarella (una morte che ricorda tempi bui). E poi il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin: “Mi dispiace molto, pensavo che la cosa si sarebbe potuta risolvere in maniera diversa. Invece questa notizia ci stupisce e ci riempie di dolore”.
E questa sera a Roma ci sarà una fiaccolata bipartisan con partiti e sindacati per ricordare Navalny: con la sua morte praticamente l’opposizione in Russia è azzerata.
Opposizione che è fondamentale in tutte le democrazie ma evidentemente la Russia di Putin non lo è da tempo. Perché l’omicidio di Stato di Navalny è solo uno di una lunga serie.
Basti ricordare per tutti quello della scrittrice Anna Politkovskaja nel 2006, assassinata da sicari nel giorno del compleanno di Putin. E poi il dissidente Litvinenko avvelenato con il Novaciok anche lui nel 2006.
Chi dopo Navalny? Molti ritengono sia impossibile raccogliere il suo testimone, altri sono convinti che possa farlo solo la moglie Yulia, donna di grande coraggio che potrebbe alleviare il dolore di tanti russi contrari al regime.
Un dolore, quello dei cittadini russi che hanno scelto di vivere fuori dalla madre patria per sfuggire alla dittatura putiniana e respirare la democrazia, che non conosce limiti.

Manifestazioni in sua memoria a Treviso e Padova. A Verona silenzio. E i filo putiniani?

L’altro giorno hanno voluto commemorare a Milano la morte di Navalny e queste persone si sono ritrovate schedate dalla polizia, un segnale sorprendente nel nostro Paese dove la libertà di manifestare il proprio pensiero, garantita dalla Costituzione, non dovrebbe portare a schedature.
Manifestazioni per ricordare Navalny sono previste in Veneto solo a Treviso e a Padova e a queste aderirà Italia Viva, che lo rende noto in un comunicato del coordinatore regionale Davide Bendinelli, sindaco di Garda.
“Alexei Navalny, come Anna Politkovskaya, non parlava di diritti. Parlava di corruzione. Per questo sono stati assassinati. Smascheravano la mafia di Putin, le tangenti, le ville degli oligarchi in un Paese, la Russia, dove il 20 per cento della popolazione non ha il bagno in casa. Un Paese che, dopo una generazione di governo putiniano, non produce niente al di fuori di petrolio e armi di progettazione sovietica”.
“Il male, per trionfare, -diceva Navalny – ha solo bisogno che i buoni non facciano nulla. Quindi non siate inerti”.
Bendinelli prosegue: “Per anni l’Europa e molte persone hanno cercato un quieto vivere con la Russia. Non era possibile e Navalny l’aveva capito”.
E stupisce, ma alla fine non sorprende, il silenzio di Verona a livello politico e istituzionale sull’omicidio di Stato dello zar Putin nei confronti di Navalny. Una città nella quale i filo putiniani si sono sempre contraddistinti con varie iniziative, chi protestando per le sanzioni applicate al regime di Putin, chi sostenendone il pensiero e la dottrina per esempio con il Family Day, chi intrattenendo rapporti con i potenti oligarchi e pensatori del cerchio magico putiniano sperando in qualche buon affare, chi revocando la cittadinanza onoraria all’allora presidente ucraino Poroshenko per fare un favore a Putin che l’Ucraina l’ha invasa.
Vale la pena di ricordare, visto che quando ci fu il suo matrimonio tutti ne parlarono con grande enfasi, che nella lista dei 25 ricercati dalla Russia c’è la pilota veneta Giulia Schiff: si sposò con Victor, soldato ucraino-israeliano nella nostra provincia, nel castello di Bevilacqua lo scorso anno.
Ma che Putin rappresenti un pericolo per l’intera Unione europea non ce lo deve ricordare solo Bono Vox degli U2 che ha mandato un potente messaggio di ricordo di Navalny per la libertà, ma è la stessa presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen a rivelare che in caso di rielezione sarà necessario nominare un commissario europeo alla Difesa. Primo passo per la creazione di un esercito unico della Ue. Anche perché al di là dell’Oceano si sta giocando una partita delicatissima: alle presidenziali Usa una sconfitta di Biden aprirebbe la strada al ritorno di Trump. E Trump ha già fatto sapere che della Nato poco gli interessa e lascerebbe la Ue al suo destino.
Ecco perché la morte di Navalny, oppositore di Putin, deve preoccuparci e far riflettere su certe prese di posizione che la storia e la cronaca hanno già condannato. Ed è in momenti come questi che la democrazia ha bisogno di scelte precise.

mbatt