Il Natale al tempi del Covid sarà blindato. Di «un giallo rafforzato», per dirla con Giuseppe Conte. Dopo un lungo scontro andato in scena nella notte a palazzo Chigi, nel governo è prevalsa la linea della «massima prudenza». Anzi: del «massimo rigore». Nel decreto che sarà varato tra oggi e domani, ci sarà il divieto di superare i confini regionali dal 21 dicembre, tranne per chi ha la residenza (si valuta il domicilio) in un’altra Regione. Niente ricongiungimenti familiari e visite ai nonni, insomma. E niente seconde case. In più, la misura verrà inasprita a Natale, Santo Stefano e 1 gennaio, quando sarà proibito lasciare il proprio Comune. Maglie più larghe invece per bar e ristoranti che potranno restare aperti (fino alle 18) il 25 e 26 dicembre. In più crociere vietate durante le Feste.
Per il resto, dal vertice notturno sono arrivate conferme: saranno proibiti cenoni affollati e feste, la messa della Vigilia verrà anticipata alle 20 a causa del coprifuoco delle 22, in vigore anche il 25 dicembre e a Capodanno. Pranzi, pomeriggi di tombolate e cene in famiglia «fortemente raccomandate per i soli familiari conviventi». E niente vacanze sulla neve.
«Serve mantenere rigore e prudenza», hanno spiegato i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia in mattinata ai governatori regionali che chiedevano un allentamento delle misure. «Bisogna evitare la terza ondata dell’epidemia e sovrapposizioni con la distribuzione dei vaccini», ha detto poco più tardi Conte ai capigruppo della maggioranza.
IlPer scongiurare una nuova impennata dei contagi a causa delle Feste natalizie, il governo ha fissato due capisaldi. Il primo: divieto di superare i confini regionali (anche quando tutta l’Italia sarà in zona gialla) dal 21 dicembre al 6-10 gennaio, a meno che non si raggiunga la propria residenza (forse sarà concesso il domicilio). Il secondo: la conferma del coprifuoco dalle 22. Obiettivo: evitare «la tradizionale socialità natalizia». Perché, come dicono gli esperti, «oltre l’80% dei contagi avviene in famiglia». E, come sostengono Boccia, Speranza e Dario Franceschini, alfieri della linea dura, «non si possono ripetere gli errori di agosto, quando ci fu il “liberi tutti”».
La partita però si è complicata. Durante la riunione tra Conte, Speranza e i capigruppo è stato sollevato il tema delle seconde case. Soprattutto il nodo dei ricongiungimenti familiari: la possibilità di passare il Natale (nonostante la chiusura dei confini regionali) con i genitori anziani, i nonni, i parenti di primo grado che vivono in un’altra Regione. E per gli studenti fuori sede di tornare a casa.
Ebbene il premier, che teme per «la tenuta psicologica del Paese», non ha chiuso la porta. Speranza e Boccia invece si sono mostrati determinati a non concedere alcuna deroga per evitare «migrazioni natalizie e diffusione del contagio». E perché, come ha detto una fonte che segue il dossier, «permettere i ricongiungimenti familiari innescherebbe un caos interpretativo e l’impossibilità dei controlli». Per dirla con Boccia: «La deroga potrebbe minare la tenuta della stretta anti-contagi».
La seconda grana esplosa a palazzo Chigi è stata la chiusura degli hotel di montagna dal 21 dicembre al 10 gennaio, che si doveva accompagnare allo stop dello sci e alla quarantena per chi rientra dall’estero.
Più di un capogruppo ha osservato che questa «misura presenta problemi. Anche questa volta Conte ha condiviso le perplessità: «Serve una riflessione». La terza grana è stata la chiusura, proposta dal governo, dei ristoranti nei giorni di Natale e di Santo Stefano. Anche qui dalla maggioranza (non solo da Italia Viva) è arrivata una richiesta di riflessione: «Tutti i locali devono rispettare i protocolli, perciò le tavolate non saranno possibili».
Il nuovo dpcm resterà in vigore fino al 4 gennaio.