Mystic Majesty è una band stoner/hard rock veronese la cui musica ha già fatto breccia in America. Hanno creato nel 2018 questo gruppo Nicolò Scardoni (basso e voce), Bobby Clifton (chitarra e voce) e Luciano Stellin (batteria). L’anno successivo, dopo aver composto i primi inediti, i 3 musicisti hanno cominciato la loro avventura live, soprattutto in Veneto. Il loro ultimo tour è partito il 3 giugno a “Fuerte Cañara“ (Verona) e li porterà a suonare per la prima volta all’estero, in Austria e Germania. Invece, loro album d’esordio, “Speak your mind”, uscirà a fine 2022.
Qualche anticipazione sul vostro LP di debutto?
“È un concept album sulle emozioni. Ogni brano alla fine descrive uno status emotivo, un momento particolare che abbiamo vissuto tutti o uno di noi. Il recording è praticamente finito. Adesso stiamo cercando un’etichetta che lo produca, che ci aiuti con i costi. Oppure uscirà soltanto in formato digitale. Noi stavamo però pensando al vinile”.
Come lavorate ai brani?
“Molto spesso partiamo da un riff di basso o un groove di batteria. Cerchiamo di capire cosa vogliamo esprimere con una canzone. Ci lasciamo ispirare dalle emozioni e dal momento. Prevalentemente Bobby propone i testi. Ovviamente poi sono sempre al vaglio degli altri. Per alcune canzoni, invece, siamo partiti dal testo”.
Che influenze avete?
“Veniamo da ambienti differenti ma alla fine sempre dal rock. Queens of the Stone Age, Motörhead. Rock in generale, la scena desert. Però in realtà le ispirazioni vanno dai Beatles a The Black Dahlia Murder. Siamo ascoltatori molto eterogenei. Abbiamo suonato in progetti davvero diversi: dal funky fusion allo speed rock, al punk. Abbiamo un’infarinatura di rock anni 60/70: Beatles, Led Zeppelin, Hendrix, The Doors. Quindi, dentro i nostri pezzi trovi molto di classico, con suoni modernizzati chiaramente. Noi lo chiamiamo ‘hard robot rock’”.
La canzone che più vi rappresenta?
“Una può essere ‘It’s a trap’. Non uscirà in questo disco. Non segna un distacco netto da quello che è stato il sound fino adesso. Però, è forse un po’ più maturo a livello compositivo. È una canzone uscita abbastanza velocemente. Ha un suono compatto, è molto dritta e diretta. Un’altra può essere ‘Speak your mind’”.
Invece, cosa mi dite dei prossimi live?
“Il nuovo tour punta a promuovere questo disco e vedere quanto comunica al pubblico. La maggior parte delle canzoni sono già state sentite dal vivo. Però adesso sono state definite, registrate”.
Quindi finora avete puntato all’attività live …
“Il primo anno, 2018, è stato compositivo. Nel 2019 e parte del 2020 abbiamo fatto una ventina di concerti. Abbiamo suonato gli inediti e alcune canzoni sono andate anche perse. Questo perché o non ci rappresentavano o l’impatto col pubblico non era buono”.
Avete scelto voi questa modalità?
“Siamo più vittime delle circostanze. Avere sempre molte idee fa sì che se ne riescano a concretizzare poche. Non abbiamo speso molto tempo su una canzone e i singoli sono stati pubblicati più per necessità. Noi avremmo voluto fare uscire il disco per intero. Il primo singolo è andato su ‘La Verona Bene’, una compilation annuale con artisti veronesi. Invece il secondo, ‘Broken Finger Blues’, è andato sulla radio The Station TV di Joshua Tree (California). È stato selezionato per la loro playlist”.
Come vi hanno scoperto?
“Per la nostra promozione utilizziamo anche dei gruppi Facebook dove ci iscriviamo e pubblichiamo la nostra musica. Luciano è entrato in un gruppo di Joshua Tree. E diciamo che il responso degli Stati Uniti è migliore di quello che abbiamo in Italia. I nostri brani sono entrati in playlist con un gran numero di ascoltatori da tutto il mondo, soprattutto tra Sud America e Stati Uniti. Il che ci fa molto piacere. È un bel riscontro che viene dall’altra parte del mondo”.
Giorgia Silvestri