Non c’è pace per il grande Caroto. Venerdì prossimo 13 maggio aprirà all’interno della prestigiosa sede di palazzo della Gran Guardia, a pochi passi dall’arena in piazza Bra, la mostra su Caroto, pittore veronese attivo nel variegato panorama degli artisti del ‘500 veneto. Un progetto su cui l’amministrazione sembra puntare molto, stando ai numeri diffusi nella conferenza stampa del 19 aprile : 123 opere in mostra, 34 prestatori, 4 restauri, 15 analisi diagnostiche, 3 curatori, 1 coproduttore (civita mostre e musei), 2 partner scientifici, 5 media partner, 2 sponsor, 4 partnership, 690 mq di allestimento, 3 sale multimediali, 1 app digitale, 20 tablet per la realtà aumentata, 1 virtual tour, 20 laboratori didattici, 2 visite guidate gratuite settimanali, 1 sito internet dedicato, 9 stendardi. All’interno del grande budget necessario per la realizzazione di tutta l’esposizione, i soldi investiti sull’appalto di guardiania e accoglienza al pubblico sono 144.000. L’associazione Mi Riconosci, che dal 2015 si batte per la dignità del lavoro nel patrimonio culturale, denuncia quello che definisce un “risparmio inaccettabile sul costo del lavoro”.
Gli attivisti spiegano che la società che si è aggiudicata l’appalto ha ottenuto un punteggio complessivo di 100,00 punti, di cui 70,00 nell’offerta tecnica e 30,00 nell’offerta economica grazie a un ribasso del 29,50% rispetto all’importo a base di gara di euro 204.724,00. Tanto notevole che l’offerta è stata ritenuta “anomala” in sede di gara, ma a quanto pare non abbastanza da evitare l’aggiudicazione. E come è stato ottenuto questo ribasso? Si chiedono. “Semplicemente -scrivono- abbattendo il costo del lavoro: gli operatori della mostra saranno inquadrati non con un contratto proprio del settore culturale, ma con quello della vigilanza non armata, per 5 euro lordi l’ora’’. Ciò nonostante, negli annunci e durante i colloqui di lavoro è richiesta anche la conoscenza della lingua inglese. E nonostante il biglietto d’ingresso alla mostra sia del costo di 13 euro a persona.
“Non è accettabile che un’amministrazione pubblica speculi in questo modo sulle vite di chi lavora nel settore culturale, non è accettabile che la mostra più importante dell’anno sia tenuta in piedi da operatori che lavorano con salari molto al di sotto della soglia di povertà” dichiara Federica Pasini, educatrice museale e attivista dell’associazione Mi Riconosci.
Chiedono infine all’amministrazione di di farsi carico di un netto cambio di rotta, “evitando aggiudicazioni con ribassi simili e puntando ad un’occupazione culturale di qualità. Solo personale qualificato e pagato degnamente può garantire alla città uno sviluppo culturale e sociale’’, concludono.