Morti e infortuni sul lavoro La “maglia nera” è Verona Triste primato: al primo posto nel Veneto e al quinto in Italia

Tre numeri definiscono a Verona il mercato del lavoro dell’anno 2024 che volge al termine: 16, 38.000 e 2,9. Sedici sono gli infortuni mortali sul lavoro in tutta la provincia che collocano Verona al primo posto nel Veneto e al quinto a livello nazionale per mortalità sul lavoro. Mentre i lavoratori che mancheranno da qui al 2033 sono 38.000: è il saldo negativo tra entrate e uscite dal mondo del lavoro della nostra provincia e riguarda professionalità sia alte sia medio-basse. Infine, 2,9 è il tasso percentuale di disoccupazione: al momento, la domanda di lavoro nel suo insieme continua a rimanere al di sopra dei livelli del periodo pre-pandemico, tuttavia il tasso disoccupazione veronese resta basso. Sono i dati che illustra il segretario generale di Cisl Verona, Giampaolo Veghini. I numeri. I dati dicono che la provincia continua a registrare un numero significativo di morti sul lavoro. Quest’anno, appunto, sono state 16 le vittime nel Veronese, con un’incidenza di 25,3 morti ogni milione di occupati. Nonostante una diminuzione rispetto agli anni precedenti, l’emergenza rimane significativa: nel 2023, Verona aveva registrato 32 decessi sul lavoro, risultando ancora la provincia con il maggior numero di vittime in Veneto. Inoltre, gli infortuni non mortali continuano a essere numerosi: nei primi nove mesi del 2024, Verona ha contato 10.139 denunce di infortunio, il numero più alto tra le province venete. “I dati evidenziano la necessità di intensificare gli sforzi per migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro – spiega Veghini – promuovendo una cultura della prevenzione e garantendo il rispetto delle normative vigenti. Chiediamo al Prefetto di aprire un confronto per mettere in campo sforzi ulteriori, ad esempio impiegando i nuovi Ispettori Tecnici del Lavoro dell’Ispettorato non solo in attività di vigilanza, ma anche di assistenza agli Rls e a tutte le figure aziendali coinvolte”. La demografia e il lavoro. Ma ci sono due ulteriori fenomeni da considerare: gli effetti delle dinamiche demografiche e l’apporto dei flussi migratori sulla popolazione in età lavorativa. L’invecchiamento della popolazione lavorativa è espressa in maniera chiara in termini percentuali: la popolazione occupata over 45 passa dal 41,2% nel 2012 al 56% nel 2024. Sempre per effetto del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione, inoltre, il nostro territorio vivrà un pesante invecchiamento dei lavoratori e lavoratrici e da qui al 2038 potrebbero mancare 53mila potenziali lavoratori. “Nel corso degli ultimi vent’anni – prosegue Veghini – anche in provincia di Verona, la sostanziale tenuta della popolazione in età lavorativa è stata assicurata dal progressivo rafforzamento della popolazione straniera. I flussi migratori sono un tema concreto da affrontare in maniera realistica e oggettiva. Lo scenario che si intravvede per i prossimi anni porta a ipotizzare sia un ulteriore assottigliamento delle coorti più giovani della popolazione e un nuovo allargamento di quelle più anziane, sia il venir meno di una rilevante fetta di popolazione in età lavorativa”. Industria e occupazione. Il settore industriale, infine, mostra a ottobre un nuovo rallentamento della crescita occupazionale, particolarmente evidente nel metalmeccanico e nel complesso del made in Italy. La contrazione della domanda di lavoro in ambito industriale e il conseguente ridimensionamento dei livelli di crescita risultano, tuttavia, intaccare solo in parte la componente più stabile dell’occupazione. Le aziende della filiera dell’automotive, ma soprattutto quelle dei comparti tessile-abbigliamento, concia e calzature, denotano un incremento dei licenziamenti economici/collettivi, che però permangono attualmente al di sotto dei livelli del medesimo periodo del 2019.