È da pochi giorni venuta a mancare Elisabetta II, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord – è opportuno utilizzare il nome completo, per evitare la tendenza troppo connaturata di identificare il Regno con l’Inghilterra, una prospettiva che piace agli inglesi, molto meno a gallesi, irlandesi e, soprattutto, scozzesi. La morte della sovrana, un evento che apparentemente ha unito buona parte del mondo occidentale in un lutto che porta a chiedersi se, senza accorgercene, siamo diventati tutti sudditi, costituisce senz’altro un evento epocale.
Epocale, perché Elisabetta ha marcato un’epoca, la seconda età elisabettiana, di impatto paragonabile a quello avuta dalla sua illustre antenata, la regina Vittoria. Se Vittoria è la regina e imperatrice per eccellenza, il regno di Elisabetta ha visto disgregarsi buona parte dei domini britannici, e il concetto stesso di impero. . Nel corso del Novecento, la decolonizzazione ha portato molti Paesi africani e l’India a sfilarsi dal Commonwealth e ora, alla morte della più longeva sovrana del Regno, in altri Paesi si stanno avanzando istanze repubblicane – ad esempio, in Australia o nel Quebec, in Canada. Che la tenuta della monarchia britannica, messa decisamente meno in discussione in patria che nei Paesi in cui il sovrano è capo di Stato, debba ora fare i conti con la morte di Elisabetta è chiaro. Carlo ha assunto un ruolo non facile: sostituire una sovrana estremamente più influente di lui, che non aveva bisogno di giustificare la propria presenza, per due motivi.
Innanzitutto, perché proveniente, di fatto, da un’altra epoca, con costumi e usi diversi; in secondo luogo, perché per la grande maggioranza dei britannici lei è sempre stata sul trono, come un dato incontrovertibile: nessuno mette in discussione il fatto che il Colosseo sia dov’è, a Roma, è lì e basta.
Sono relativamente molto pochi quelli che ricordano Giorgio VI, ancora meno quelli che non devono, ora, concentrarsi per cantare God save the King, senza recitare meccanicamente la versione al femminile. Il fatto che sia venuta meno una figura così influente sta inducendo molti a pensare che, in fondo, mancato il rispetto per una regina tanto influente e importante, non ci sia ragione per rinnovare questo stesso rispetto verso una figura non comparabile.
È stato appeso, in Scozia, un manifesto che recita: «Make Elizabeth the Last», ossia, «Si faccia sì che Elisabetta sia l’ultima». Un auspicio tutt’altro che da sottovalutare, e sarà interessante vedere come la famiglia reale britannica gestirà la situazione in cui, ancora una volta, il dominio britannico sul mondo viene messo in discussione dall’interno.
EffeEmme