“Per me il baseball è più di uno sport, è un compagno di viaggio che mi accompagna da quando ho iniziato all’età di 7 anni e i miei genitori mi hanno portato a Pastrengo per iniziare l’attività giovanile”, spiega Pietro Briggi, 36 anni, ieri “gloria” del baseball veronese, oggi apprezzato tecnico in terra di Francia, dove s’è trasferito per lavoro.
“Il baseball è un continuo mettersi in gioco, una continua sfida a te stesso e agli avversari che hai di fronte di volta in volta. É sudore, abnegazione, sacrificio e studio. Come tutti gli sport ti trovi a fare i conti con vittorie e sconfitte, con gioie e delusioni cocenti, con prestazioni eccellenti ed altre che vorresti solo dimenticare in fretta. Ma oltre a questo il baseball è anche “condivisione”, condivisione di vittorie e sconfitte con i tuoi compagni, condivisione di viaggi interminabili in autobus o in treno, condivisione di giornate intere passate sul campo di gioco in cui realizzi che oltre alla tua famiglia natale ne hai anche un’altra: la famiglia sportiva”.
Pietro Briggi, in veste di coach, ha vinto il titolo francese, con l’Under 15 de l’Ile de France. E come coach del Paris Universitè Club è ai vertici della classifica Under 18. Insomma, esportiamo cervelli, ma anche allenatori in gamba.
Da giocatore, Briggi, figlio di uno dei migliori portieri del calcio veronese anni ‘80, Edo Briggi,è stato a lungo una colonna del Baseball Verona, a parte una parentesi col Godo Baseball e col Ponte di Piave. In Francia, gioca (e allena) col Paris Universitè, dove sta confermando qualità ancora intatte.
“Dal punto di vista sportivo e della competizione, quello che più mi affascina del baseball, è il fatto che esso sia uno sport in cui la parte mentale gioca un ruolo fondamentale nel fare la differenza tra una vittoria o una sconfitta. Si deve rimanere concentrati dal momento in cui inizia il riscaldamento, fino a quando non viene effettuato l’ultimo out. Questo perché il baseball rappresenta un’opportunità continua, ogni giocata all’interno della partita potrebbe risultare decisiva ai fini del risultato e potrebbe toccare a chiunque dei giocatori schierati in campo, oppure chiamati a subentrare a partita in corso”.
Insomma, una vera scuola di vita, non solo di sport.
“Il baseball mi ha permesso di conoscere persone da ogni angolo del mondo (Venezuela, Argentina, Repubblica Dominicana, Canada, USA, Sudafrica, Giappone, Brasile) e mi ha insegnato quanto la multiculturalità e l’integrazione attraverso lo sport siano dei valori su cui puntare e da difendere fino allo stremo”.