Minori della baby gang reinseriti. I 6 giovani facevano parte di QBR Riforma Cartabia, Verona al lavoro per istituire un Centro di Giustizia Riparativa

La maggior parte di loro al tempo dei reati non aveva compiuto 18 anni. Bulli, rapinatori da strada, vessavano i coetanei per un cappellino piuttosto che per l’abbonamento dell’autobus. Facevano parte della baby gang QBR, che tra il 2020 e il 2021 terrorizzò il quartiere di Borgo Roma, dove vivevano tutti.
A 6 di loro, il Tribunale dei Minori di Venezia ha concesso la possibilità di partecipare al progetto tra Zenit e Nadir, partito nel 2021 e finanziato dalla Fondazione Fare con i Bambini e di cui il Comune di Verona è partner insieme a Fondazione Don Calabria per il Sociale E.T.S, che costruisce percorsi di recupero individuali o di gruppo attraverso lo strumento della giustizia ripartiva, anche detta ‘giustizia amica dei minori.
Oggi sono ragazzi ‘nuovi’, quasi tutti lavorano, ma soprattutto hanno trasformato il loro errore in un’occasione di rinascita, non solo a vantaggio proprio ma anche della comunità che ha subito i loro reati.
In linea con gli obiettivi della Giustizia Riparativa, una giustizia che affianca la giustizia ordinaria e non la sostituisce; rimette al centro i protagonisti, autore, vittima e comunità, ovvero tutti i soggetti che dal fatto reato sentono e vivono una frattura. Il fatto reato di per sé provoca una rottura sia tra le parti direttamente interessate ma anche con la comunità sociale nella quale loro stessi vivono. Se tale frattura non viene “curata”, anche attraverso un percorso, appunto, riparativo, resta dentro e fuori la vita di tutti quei soggetti che di tale dolore hanno risentito. La Giustizia ripartiva ridona ai protagonisti la possibilità di ricucire quel pezzo di dolore attraverso un incontro che viene accompagnato e valutato dai mediatori esperti che si fanno promotori di mettere tutte le parti le une di fronte alle altre, in modo che attraverso un ascolto di senso, empatico e circolare, possano tutte comprendere le diverse sofferenze e i differenti dolori.
Il percorso di recupero, che è durato una media di 9 mesi per ciascun ragazzo, ha coinvolto anche le famiglie con incontri sulla responsabilità genitoriale e sul dialogo con i propri figli.
Due gli ambiti in cui i ragazzi si sono messi alla prova: uno più manuale che li ha visti protagonisti in lavori di pulizia e manutenzione delle aree verdi del quartiere, e uno più relazionale, a contatto con gli anziani e i loro bisogni.
In tutto questo c’è poi il fattore Comunità, ovvero la parte lesa dai comportamenti dei ragazzi, che nel percorso ripartivo assume un ruolo fondamentale accettando non solo di conoscere gli autori di reato ma aprendo alla possibilità di accogliere positivamente le ricadute dei gesti riparatori, che dimostrano come i giovani non siano solo l’errore che hanno commesso e di come siano capaci di trasformare il reato in opportunità di cambiamento.
“Quello della Giustizia Riparativa è un percorso a cui l’Amministrazione crede molto – ha affermato l’assessora alla Sicurezza e alla Legalità Stefania Zivelonghi-. Il percorso effettuato in questi mesi è la conferma della bontà di un’impostazione che mette al cento la comunità che viene offesa dall’atto criminale ma che è anche una comunità che dà un’opportunità, che diventa accogliente e contribuisce a fare acquisire consapevolezza della gravità del fatto compiuto, avvicinando di conseguenza l’autore del reato e la vittima.