Nell’ultimo appuntamento di questa tribolata stagione il Verona farà visita al Milan. Nelle sfide giocate a San Siro contro i rossoneri – ma anche quando l’avversario era l’Inter – i gialloblù non sono mai riusciti a conquistare il successo pieno, sfiorandolo solo in poche sparute occasioni. In una di queste in campo con la maglia gialloblù c’era Sergio Maddè. Doppio ex della sfida, in quel periodo era, assieme a capitan Mascetti, uno dei due cervelli pensanti del centrocampo gialloblù. «Sono cresciuto nel settore giovanile rossonero – racconta Maddè – dove ho vinto uno scudetto con la formazione Primavera, per poi arrivare in Prima squadra ed esordire in serie A. La partita con il Milan, quindi, h sempre avuto per me un sapore particolare, senza però mai alcun sentimento di rivalsa». E in quel lontano campionato 1977/78 il suo Verona andò molto vicino a giocare un brutto scherzo al Milan capolista. «Andammo in vantaggio a inizio secondo tempo – ricorda – con una rete di Mascetti mentre Superchi riuscì addirittura a parare un calcio di rigore calciato da Gianni Rivera. Pensate che a provocare il penalty fu proprio il sottoscritto, con un fallo su “Ramon” Turone». Proprio lo stesso baffuto difensore rossonero, peraltro, quando al novantesimo mancava solo qualche giro di lancette, avrebbe messo a segno la rete del pareggio, mandando in fumo i sogni di vittoria. Maddè, quindi, non riuscì a fare un altro dispetto – sportivo s’intende – alla sua ex squadra, come gli era capitato qualche anno prima con la maglia del Torino, in occasione di una finale di Coppa Italia. Una serata difficile da dimenticare in virtù di un curioso aneddoto. La partita, infatti, fu decisa ai calci di rigore ma allora il rigorista era un solo giocatore. «Si defilarono tutti, nessuno si prese la responsabilità – racconta – e rimasi solo io. Dall’altra parte, invece, c’era Gianni Rivera. Lui ne sbaglio due mentre io li trasformai tutti e cinque, regalando così il trofeo alla formazione granata». Maddè fa parte di quella numerosa schiera di giocatori che una volta arrivati in gialloblù, ha deciso di mettere radici a Verona. «Galeotto fu spesso l’amore – confessa – visto che in più d’uno trovammo proprio una moglie veronese. I nomi? Mi vengono in mente De Min, Mascetti, Bagnoli e Baruffi, tanto per citarne alcuni». Quello, però, era anche un calcio diverso. «Non so se meglio o peggio – è il suo pensiero – ma sicuramente c’era molto più attaccamento alla maglia e non c’erano come oggi tutti questi procuratori». Da Verona, come calciatore, non se ne sarebbe mai andato. «Proprio così. Dopo tanti anni Saverio Garonzi decise che era ora di “svecchiare” la squadra e quelli della vecchia guardia, come me, Zigoni, Luppi e Busatta, furono costretti a cambiare aria. Fui dispiaciuto ma accettai la decisione presa dalla società». Domenica sera a San Siro il Verona cerca disperatamente punti salvezza. Con lo Spezia impegnato in trasferta contro la Roma e con, sullo sfondo, l’ombra di un altro spareggio. «All’ultima giornata può succedere di tutto. Inoltre, c’è sempre la possibilità di un eventuale spareggio. Una carta in più per cercare di raggiungere l’obiettivo. Spero veramente che il Verona si salvi e rimanga in serie A, un posto dove merita di stare».
Enrico Brigi