E’ uno spaccato terrificante, che fa riflettere, quello che emerge dal dossier dell’Osservatorio Migranti che ha portato la Prefettura a commissariare quattro Cas che ospitano stranieri in attesa che la loro posizione venga esaminata dalle autorità per poter ricevere o meno lo status di rifugiati e il diritto rimanere in Italia. Un dossier presentato ancora nell’autunno scorso e che contiene precise denunce delle inadempienze che la cooperativa che li gestiva fino a pochi giorni fa continuava a perpetuare, anche se ha sempre contestato le accuse. Però alla fine, dopo sei mesi di verifiche, la Prefettura si è decisa a nominare tre commissari per questi quattro centri di accoglienza: Hotel Papillon di Nogara, Hotel Mileto di Spiazzi, a Caprino veronese, Hotel Valpantena di Poiano e il Cas di Roverchiara. Realtà dove centinaia di stranieri vivono in condizioni terribili e “in alcune situazioni segnalate si è addirittura arrivati ad un trattamento degradante e lesivo della dignità delle persone affidate” si legge nel dossier presentato alla Prefettura con tanto di foto.
Sovraffollamento, minori non accompagnati, servizi igienici precari, mancanza di acqua calda, in alcuni casi una doccia fredda per 30 persone, discariche di immondizia nei locali e negli spazi esterni, con rifiuti indifferenziati: detriti di vario materiale mescolati a mobili, abiti, plastiche.
Ex hotel dove “non è presente alcuna lavatrice e uno spazio per la lavanderia. Il garage e i sotterranei risultano inutilizzabili perché occupati da vario materiale,
compresa un’auto senza targa. Non è presente alcun adeguato sistema di sicurezza”. Forniture alimentari in ritardo e nonostante la presenza di donne incinte e di minori è stata riscontrata l’assenza di figure sanitarie, sociali ed educative “ed è particolarmente grave”. Nessun corso di italiano risulta attivato. In più di una occasione, a Nogra come a Roverchiara sono intervenuti gli amministratori comunali in soccorso di questi immigrati come testimoniano il sindaco di Nogara Pasini, di Caprino Arduini, l’assessora al Sociale di Verona Luisa Ceni.
Nessuna bonifica e il doppio di ospiti
Emerge uno spaccato di realtà quotidiana che la dice lunga su quanto il nostro Paese sia ancora impreparato nella gestione dell’immigrazione, fermo a provvedimenti e politiche di 40 anni fa quando arrivarono i primi barconi e per far fronte all’accoglienza di questi disperati il Comune fece allestire un dormitorio a Castel San Pietro, con una operazione di generosità che era un po’ scoutismo e un po’ Protezione civile.
Bene, da allora, pochi passi avanti sono stati fatti per una gestione dignitosa del fenomeno, che non è più una emergenza ma sarà sempre più una costante regolare e che potrebbe essere trasformato in qualcosa di vantaggioso per tutti: per un Paese come il nostro che è alla disperata ricerca di manodopera ed è in pieno inverno demografico, senza operai, senza manodopera agricola e senza assistenti agli anziani per fare tre esempi, e per la dignità di questi stranieri che arrivano con la speranza di migliorare la propria vita, hanno spesso un mestiere alle spalle e sarebbero disposti a impararne di nuovi per ricostruirsi un futuro. Magari con corsi di formazione su larga scala, avviamento al lavoro, corsi di lingua e regole europee. In una parola: integrazione. Invece il Paese resta senza lavoratori e loro restano in ciabatte in mezzo ai topi. Vediamo qualche esempio, da brividi in una città e una provincia che sono ricche, hanno benessere, ospitano i vertici delle potenze mondiali, offrono e chiedono lavoro.
Spesso le strutture di accoglienza non sono idonee perché non sono stati adeguati gli impianti elettrici, termici ed idraulici, senza mobilio adeguato, tavoli sedie e armadi, nessun impianto di sicurezza, pochi bagni e inadeguati.
E in queste strutture i giovani migranti devono spesso trascorrere mesi in condizioni di sovraffollamento perché in ex hotel per 40 persone vivono in realtà anche 85 profughi con stanze ricavate nei seminterrati dove si dorme in 11 in mezzo ai topi.
Strutture che, ricorda nel dossier il dottor Daniele Todesco coordinatore dell’Osservatorio MIgranti “dovevano essere bonificate totalmente, prima. Denunciamo un pericolo attuale e verificato per la salute pubblica. Solo dopo una completa bonifica la struttura potrebbe essere eventualmente riaperta destinandola a non più di 40 persone e gestita con un corretto impiego di operatori e professionalità come prescritto dalle convenzioni di appalto”.
Problemi gestionali e carenze che riguardano tutti i Cas gestiti dalla cooperativa San Francesco e che la Prefettura ha deciso di commissariare anche se la cooperativa ha sempre respinto gli addebiti ancora nell’ottobre scorso quando venne presentata la denuncia, sostenendo di rispettare i contratti.
Senza soldi né vestiti, aiutati dai sindaci
Ma non è tutto, perché non ci sono solo le carenze delle strutture. E’ stata verificata anche la mancata fornitura del kit di ingresso che contiene soprattutto vestiti e materiale per l’igiene personale: molti immigrati hanno tenuto addosso per settimane qui a Verona i vestiti ricevuti quando sono sbarcati a Lampedusa.
Inoltre per mesi non è stato dato il pocket money e per acquistare qualcosa da mangiare o da bere i rifugiati hanno dovuto fare l’elemosina o andare in municipio dal sindaco.
E qui scatta un altro aspetto: quello del business. Perché le cooperative che gestiscono i migranti vengono pagate. “Le violazioni a quanto stabilito nei bandi appaiono sistemiche, non episodi isolati, e appaiono finalizzate a massimizzare i profitti minimizzando i servizi e la fornitura di beni di prima necessità” si legge nel dossier. Si parla di qualche milione l’anno.
Da qui il decreto del prefetto Demetrio Martino che ha commissariato la cooperativa: “Dai controlli è emerso un quadro di ripetuti inadempimenti degli obblighi previsti dal capitolato d’appalto dei servizi di accoglienza in centri collettivi e delle rispettive convenzioni” si legge nel decreto prefettizio. Che per questi quattro Cas prevede tre commissari, funzionari della prefettura, come riferito ieri dalla Cronaca di Verona: il viceprefetto aggiunto Riccardo Stabile, il dirigente Nicola Noviello e la funzionaria Maria Nella Cardaci. Grazie al loro lavoro i Cas non chiuderanno (sarebbe stato un grave danno sociale) e dovranno occuparsi della «straordinaria e temporanea gestione» fino a quando con un nuovo appalto questi quattro Cas non saranno affidati a nuovi aggiudicatari.
Ancora nell’ottobre scorso quando arrivò la denuncia dell’Osservatorio migranti presa poi in carico dalla Prefettura, la cooperativa San Francesco diramò un nota ripresa anche dalla Rai nella quale respingeva le accuse.
“La nostra realtà opera dal 2015 nel settore dell’accoglienza in strettissimo contatto con la Prefettura di Verona e le Amministrazioni territoriali. Con dette realtà c’è sempre stato confronto e dialogo costanti e quotidiani – si affermava in ottobre-. In questi anni, come accade in ogni realtà analoga alla nostra, vi sono state diverse ispezioni e sopralluoghi da parte degli organi preposti. Tali verifiche, previste dalla legge, non hanno mai evidenziato criticità quali quelle di cui all’esposto che è stato diffuso a moltissimi soggetti”.
I controlli della Prefettura dopo la denuncia dell’Osservatorio Migranti hanno però confermato le carenze.
“Il nostro servizio, infatti, non ha mai subito interruzioni -affermava la cooperativa – ed anzi ci è stato richiesto di accogliere altre persone. Purtroppo, non ci stupisce l’episodio dato il soggetto da cui proviene. Tale persona, infatti, ci è ben nota, avendo negli anni attaccato la nostra realtà con frequenza”, con riferimento al coordinatore dell’Osservatorio Migranti, Todesco.
E la cooperativa concludeva: “Auspichiamo che la Prefettura disponga nuovi e ulteriori controlli presso di noi che dimostrino l’inconsistenza di quanto narrato nell’esposto, anche al fine di tutelare legalmente l’onorabilità e la serietà della nostra attività”.
Controlli che sono stati eseguiti e hanno portato al duro decreto prefettizio per “i ripetuti inadempimenti degli obblighi previsti dal capitolato d’appalto dei servizi di accoglienza in centri collettivi e delle rispettive convenzioni”. Inoltre, si è avuta conferma della “mancata o inesatta esecuzione delle prestazioni contrattuali relativi alla fornitura di vitto, vestiario, pocket money, servizi di pulizia, mediazione linguistica, assistenza sanitaria, sociale e psicologica”.
Le controdeduzioni non sono servite a evitare il commissariamento.