Migranti, acque agitate. Il Veneto deve gestire migliaia di arrivi “Sì all’accoglienza diffusa”, dice il governatore. “Siamo preoccupati, ci sono 9 mila profughi, non ci sono più spazi. L’Europa dov’è?”

PORTO ARRIVO DELLA NAVE OCEAN VIKING CON A BORDO 29 MIGRANTI

Il continuo, incessante flusso di migranti in Italia e quindi nelle città sta infuocando questa rovente estate. E il governatore veneto Luca Zaia sta dalla parte dei sindaci, al di là del loro colore politico: accoglienza diffusa, no grandi hub, ma soprattutto serve che l’Europa “non giri la testa dall’altra parte”. Lo ha detto il presidente della Giunta del Veneto nel punto stampa di questa mattina rispondendo alle domande dei giornalisti. “I sindaci sono infuriati? Hanno ragione da vendere. Abbiamo quasi 9 mila persone ospitate rispetto a questo flusso migratorio”, ha detto fornendo i dati.
“Non abbiamo mai rifiutato nessuno, ma siamo preoccupati perché non ci sono più spazi e la situazione rischia di diventare inquietante. Perché? Perché i dati ora come ora sono insostenibili se il trend dovesse essere questo. Non c’è più spazio”.
I sindaci di centrodestra sembrano più propensi per gli hub, quelli di centrosinistra tra cui Tommasi e il vicentino Possamai sono per l’accoglienza diffusa sul territorio. Ma per il governatore non è un problema di colore politico: la solidarietà va erogata in maniera seria, “ma c’è il tema della sostenibilità – ha spiegato – Cè un livello oltre il quale non possiamo garantire dignità. Dobbiamo scongiurare tendopoli e mega assembramenti, tipo Cona”.
Zaia è tornato anche a puntare il dito contro l’Europa: “È totalmente assente in questa partita. Non può essere latitante, bisogna chiedere che scenda in campo. L’Italia non può diventare il ventre molle del continente”, ha concluso.
E ha ricordato l’impegno delle istituzioni: “In Veneto vivono e lavorando 550mila stranieri, questo significa anche predisporre i servizi adeguati, da quelli sanitari a quelli scolastici. Ci vuole programmazione, con questi 9 mila nuovi arrivi la misura è colma, l’Unione europea deve risolvere il problema”.
Intanto sul territorio le Prefetture cercano di arginare il fenomeno e distribuire i migranti.

La Prefettura di Venezia ha chiesto aiuto agli albergatori del litorale veneo. e a Verona? “Non abbiamo avuto chiamate dalla Prefettura”, spiega Ivan De Beni, presidente dell’associazione albergatori del Garda,
“anche perché adesso siamo in piena alta stagione, abbiamo anche prenotazioni per settembre e sarebbe quindi molto complicato poter garantire ospitalità. Se invece si volesse
dare lavoro a questi migranti, li accogliamo a braccia aperte perché di personale qui c’è sempre bisogno”.
Giulio Cavara, presidente di Federalberghi Verona, confessa: “Spero che il prefetto non mi chiami perché sarei davvero in difficoltà a dare una risposta”.
Il motivo è presto detto: “Non saprei cosa dire, siamo una città d’arte con gli alberghi pieni anche in settembre e inoltre le strutture che possono essere adatte per queste soluzioni temporanee devono avere particolari requisiti, come si è visto in passato. Alberghi in fase di ristrutturazione, non nuovi, con servizi adeguati ma sicuramente con caratteristiche particolari come è stato negli anni scorsi. Difficile che un problema così grave come quello della gestione dei flussi di migranti possa essere risolto dagli albergatori”.
Potrebbe essere più facile allora dare lavoro a questi migranti?
“Dovrebbero essere però preparati e formati, perché senza le conoscenze di base è difficile inserirli nel mondo del lavoro. Sarebbe una strada interessante per noi, ma il personale va qualificato e il processo non è breve”.
Un percorso lavorativo sarebbe dunque possibile,
per l’ospitalità invece le soluzioni sono più difficili.
E’ chiaro che i sindaci del territorio in questo momento sono tanto più forti quanto più sono uniti nel far sentire la propria voce. Il sindaco Tommasi cerca di fare rete con Vicenza e altre realtà politicamente vicine, il Pd afferma che il governo Meloni ha gettato la maschera sulla questione migranti che non riesce a gestire. Ma da Verona Domani arrivano critiche a Tommasi: “Il sindaco ha dichiarato di non avere una finestra di dialogo aperta con gli altri 97 sindaci della Provincia di Verona. Il suo timore è che questi temi diventino elettorali”, dice Paolo Rossi, consigliere comunale di Verona Domani, “ma non ci spiega il perché. Siamo tutti d’accordo che sia un’emergenza da gestire coralmente e con sapienza ma deve essere lui il coordinatore e farsi portavoce dei 98 comuni. Si deve lavorare con un obiettivo comune tra amministrazioni e Prefettura e per questo serve che lui faccia rete».
L’esponente di Verona Domani prosegue: “In casi simili deve essere il sindaco del capoluogo a prendere in mano la regia ed abbattere qualsiasi barriera di dialogo, invece assistiamo a un primo cittadino inerte, trincerato nelle sue avventure extra-cittadine tra i comuni veneti di sinistra e l’America”.
Continua poi facendo riferimento alle problematiche della città: «Ricordiamo che a Verona l’insicurezza è all’ordine del giorno e il degrado divampa giorno dopo giorno. I cassonetti sono stracolmi e il verde pubblico è ingestito, partendo dalle aiuole, per arrivare alle aree verdi dove migliaia di bambini passano le giornate. Onestamente dalle sue dichiarazioni sembra di capire che la gestione del flusso migratorio sia una cosa più grande di lui e che non abbia capito nemmeno come improntare un dialogo con Prefettura e amministratori locali per la gestione della faccenda. Come si può pretendere che un sindaco che non riesce a gestire la sicurezza e la pulizia di una città possa coordinare una squadra di 98 comuni ed affrontare un problema immenso come quello dell’immigrazione incontrollata?».
Rossi conclude: “Da troppo tempo abusa di frasi come “fare rete” e “fare squadra” ma questo finora è stato solo uno slogan elettorale. E’ inutile che si lamenti dell’assenza di dialogo, lui deve essere il primo aggregatore per “fare rete”.

Presa di posizione di 22 organizzazioni che fanno appello al presidente della Repubblica, al governo, alle istituzioni italiane ed europee, ai/alle parlamentari, alla società civile, affinché si arresti immediatamente la deriva del sistema dell’accoglienza e l’intervento istituzionale venga riportato dentro il quadro previsto dalle direttive europee e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori.
Ecco l’elenco. A Buon Diritto, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, ASGI, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, CIES, CIR, CNCA, Commissione, Commissione migrantiranti/GPIC Missionari Comboniani Italia, Europasilo, Fondazione Migrantes, Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, CGIL, International Rescue Committee Italia, Medici del Mondo Italia, Medici Senza Frontiere, Oxfam Italia, Refugees Welcome Italia, Società Italiana Medicina delle Migrazioni e UIL.
È inaccettabile – si legge in un comunicato – contrapporre richiedenti asilo a titolari di protezione, quando è chiaro l’obbligo dello stato di predisporre misure di accoglienza per ognuno di loro. È necessario invertire subito la marcia, non solo impedendo che migliaia di persone titolari di diritti fondamentali e inviolabili vengano trasformate in “senza fissa dimora” e abbandonate per strada, ma anche attivando strutture Cas solo ove strettamente necessario e assicurando comunque standard adeguati e dignitosi, investendo da subito la maggior parte delle risorse per un rapido ampliamento del sistema di accoglienza Sai, sia per adulti e famiglie che per i minori non accompagnati.
Da segnalare che il Tavolo asilo e immigrazione (Tai) esprime profonda preoccupazione per l’ennesima grave crisi del sistema d’accoglienza. E si pone in totale disaccordo con l’approccio emergenziale assunto dal governo Meloni che ancora una volta punta a ostacolare il diritto d’asilo e il diritto a una accoglienza dignitosa.
A inizio di quest’anno – continuano – il Tai ha chiesto all’attuale governo di programmare gli interventi di accoglienza, come previsto dalla normativa. Il Tavolo di coordinamento presso il Viminale si è riunito però solo il 4 agosto, dopo ripetute richieste e sollecitazioni del Tai, non potendo di fatto contribuire ad alcuna programmazione e limitandosi dunque sostanzialmente a prendere atto di misure emergenziali già assunte dal governo senza il coinvolgimento dei territori e del terzo settore. Le misure prese dal governo sono sbagliate e inefficaci e non sono affatto legate al numero di arrivi, del tutto prevedibile e gestibile, ma all’assenza di volontà di trovare soluzioni corrette ed efficaci, scegliendo invece un approccio emergenziale: una decisione che alimenta la retorica dell’invasione.
Le organizzazioni denunciano il fatto che i Cas (Centri di accoglienza straordinaria) sono stati trasformati in meri parcheggi per richiedenti asilo, eliminando servizi primari quali l’informativa legale e l’assistenza psicologica. In sostanza – fanno notare – migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai Cas e mandati per strada: in questa direzione si stanno muovendo le prefetture. Tale prassi risulta del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di accoglienza straordinaria verso il sistema Sai, e non abbandonati nel giro di pochi giorni.