Riparte la produzione di miele dopo la disastrosa annata del 2019, segnata da un aprile e un maggio eccessivamente piovosi, tanto nel Veronese la perdita di produzione arrivò al 70 per cento. Gli apicoltori veronesi sono invece abbastanza soddisfatti del 2020, un’annata buona per il castagno, l’acacia e il millefiori. E anche i prezzi si mantengono su livelli alti.
“Quest’anno la produzione è buona e la qualità medio alta – spiega Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona -. La primavera non è andata male con l’acacia e il castagno, che sono i raccolti tipici del nostro territorio. Un po’ meno bene il tiglio, che ha sofferto molto a causa delle piogge insistenti nel periodo della fioritura delle piante. Anche il mercato sta premiando il prodotto locale, con prezzi che permettono una redditività. All’ingrosso si va da 4,50 a 6 euro al chilo per il millefiori, mentre l’acacia sta spuntando prezzi tra i 9 e i 10 euro al chilo. Il castagno oscilla da 6-a 7 euro al chilo”.
In Veneto ci sono circa 75.000 alveari, di cui 10.000 nel territorio veronese. Un’attività che richiede una grande passione, anche perché tanti sono i nemici delle api: i cambiamenti climatici, le pratiche scorrette nei campi e la varroa, acaro parassita che porta alla morte le colonie di api. “Siamo molto preoccupati, perché stiamo assistendo a un’infestazione della Varroa che non si vedeva da anni – riferisce Stefano Dal Colle, presidente dell’Apat, associazione di apicoltori che fa riferimento a Confagricoltura -. Riteniamo che il problema sia un indebolimento delle api dovuto alla mancanza di pollini che servono per la parte proteica durante la covata. E la carenza di polline riguarda soprattutto la pianura padana, che si sta rivelando un ambiente sempre più ostile alla sopravvivenza degli insetti melliferi. Probabilmente sia l’inquinamento che i cambiamenti climatici stanno portando a un cambiamento delle fioriture. Il dato evidente, comunque, è che intere famiglie di api restano orfane della regina, perché non viene alimentata a sufficienza. E che a settembre non ci siano più scorte di polline sufficienti a garantirne la sopravvivenza è tragico. Dovremo trovare delle soluzioni, se non vogliamo ritrovarci senza alveari. Magari bisognerà accorpare le diverse famiglie per riuscire a rafforzarle. E intanto dovremo cercare di capire a che cosa è dovuto questo fenomeno e come porvi rimedio”.
Dal Colle auspica anche una maggiore collaborazione dei Comuni e degli agricoltori nei progetti che promuovono la tutela delle api. “In provincia di Treviso è andata molto bene la campagna per la diffusione della facelia, pianta ad alto potenziale mellifero, produttrice di nettare e polline. Hanno aderito decine di Comuni e sarebbe bello che anche altri delle altre province distribuissero ai cittadini i semi della pianta o li seminassero in appezzamenti comunali non utilizzati”.