Andava forte, troppo forte. “Sì, andavo troppo forte e forse questo è stato l’unico errore” ammette Giovanni Battaglin, scuotendo la testa. Andava così forte, che fu facile metterlo nel mirino, aspettando l’attimo fuggente. “Ero uscito dal Tour
in grandi condizioni. Dopo il Tour avevo fatto un sacco di
circuiti, in Francia, in Belgio. Una volta si usava così, erano i circuiti che ti permettevano di incassare dei bei soldi, spesso trovavi i più grandi, essere invitati voleva dire anche aver fatto breccia nel cuore della gente”.
Andava troppo forte, Battaglin. “Lo sapevano tutti, così al via del mondiale per forza ero tra i favoriti”. Si correva a Valkenburg, Olanda, percorso misto, sulla carta non proprio adattissimo a
Battaglin, che aveva dalla sua una straordinaria condizione. “Ero tra i favoriti, la squadra sapeva che al momento giusto io ci sarei stato”. Andò esattamente così. “Ci trovammo in fuga,
la fuga decisiva, in quattro. Tra gli altri l’olandese Raas e il tedesco Thurau, due grandi di quel periodo, due che pure erano dei favoriti alla vigilia”.
Ma Battaglin va. Non è un fulmine in volata, “…ma quando sei al top, dopo una corsa tirata come quella, le differenze non contano.
Avevo capito che loro mi temevano e che per loro, probabilmente, era quasi più importante che non vincessi io, rispetto a una loro vittoria”.
E’ l’ora della volata, c’è in palio la maglia iridata,
una maglia che porti per un anno e che basta, da sola, a esaltare una carriera. E’ l’ora della volata e Battaglin va. Parte. A quel punto, scatta la trappola. Raas e Thurau lo chiudono, il ciclismoa volte sa essere impietoso. Gli tagliano la strada, Battaglin va giù, Adriano De Zan impazzisce al microfono, quando vede sfumare
la maglia iridata. “Succede che Thurau mi ostacola per primo, poi Raas taglia la strada da una parte all’altra, mi tocca la ruota e io vado giù. Lì, vedo sfumare il mondiale, la maglia iridata…”
Vince Raas, idolo di casa, al quale Thurau e il francese Bernaudeu fanno da vassalli. Se ne dissero tante, all’epoca. Se ne pensarono
di più. Fatto sta che la giuria non prese alcuna decisione nei confronti di Raas e Thurau, l’ordina d’arrivo fu confermato, Giovanni Battaglin tagliò il traguardo sbattendo i pugni sul manubrio, senza
perdere tuttavia il suo straordinario equilibrio. “Non sarebbe servito a niente” dice ancora oggi. “Non serve guardare indietro, anche quando ci ripenso non vado oltre una giusta amarezza.
Io son felice di quello che ho fatto, della mia carriera, delle mie vittorie. Ho vinto un Giro e una Vuelta, ho vinto parecchie corse in linea, ho conquistato vittorie in tutte e tre le grandi corse a tappe,
correndo in un’epoca in cui i fuoriclasse abbondavano. Io vado in giro a testa alta, orgoglioso di quello che ho fatto e della lezione che il ciclismo mi ha dato. Il ciclismo ti insegna a vivere, mi ha permesso di avere un futuro anche come imprenditore; certe lezioni, comprese le sconfitte, mi sono servite nell’altra vita, quella che è cominciata quando sono sceso dalla bici”.
Il suo Giro, in rosa nell’Arena, “…un ricordo bellissimo. Verona per me è quella cartolina indimenticabile”.