C’è qualcosa che ti brucia l’anima, in questi giorni maledetti. Ci sono pensieri che fanno più male, c’è quel senso d’impotenza che diventa rabbia, quando pensi ai medici “eroi”, che hanno dato la vita. A quelli che la rischiano ogni giorno. Ai giovani al primo impiego, che sono come i giovani soldati mandati al fronte. A chi ha scelto di lasciare la sua città, per raggiungere la “trincea”.
E’ rabbia, mista ad ammirazione. “E’ il nostro lavoro” dicono, quando “bardati” e irriconoscibili, rispondono alle solite domande. “Se uno sceglie di fare il medico, queste cose le mette in conto”.
Magari, giusto dirlo, mette in conto anche di “combattere armato”, non senza armi e munizioni,come è successo a tanti di loro. Senza mascherine, protezioni, guanti, “andate e che Dio vi benedica”. Ricordiamocene, quando tutto sarà finito. E anche se adesso è presto, facciamoci un nodo al fazzoletto, e ricordiamoci anche della ricerca. Dell’importanza della ricerca. Dei tagli sulla sanità che per anni sono stati uncult dei vari bilanci, di destra o di sinistra. Cominciamo a pensarci adesso. Perchè troppa gente non sia morta per niente.