Dopo la salvezza conquistata l’anno precedente Saverio Garonzi aveva deciso che era arrivata l’ora di voltare pagina. Per tanti che avevano legato il loro nome alla maglia gialloblù era giunto il momento dei fatidici titoli di coda. A fare le valigie toccò ai vari Maddè, Busatta, Luppi e, soprattutto Zigoni, uno che da Verona non se ne sarebbe mai andato. La novità più grande, tuttavia, riguardò la panchina. Chiuso il rapporto con Ferruccio Valcareggi, con il quale il club aveva conquistato tre salvezze di fila, Garonzi si affidò a Gigi Mascalaito, che dell’ex allenatore della Nazionale azzurra era stato per tre anni fidato vice.
Dopo la promozione in A conquistata anni prima, al termine dello spareggio di Terni vinto contro il Catanzaro, questa rappresentava per Mascalaito l’occasione della vita. Veronese “de soca”, pescato dall’Inter nelle file dell’Azzurra Folgore, era stato prolifico centravanti con le maglie di Pisa e Livorno, prima di giungere a Verona ed essere inventato libero da “Renatone” Lucchi. Appese le scarpe al chiodo era rimasto nei quadri tecnici e ora poteva finalmente coronare un altro grande
sogno. Unico neo la mancanza del patentino per allenare nella massima serie. Intoppo abilmente
aggirato da Garonzi, che gli affiancò Guido Tavellin, uno che i colori gialloblù li aveva dipinti sulla pelle. L’accoppiata scelta, quindi, sembrava veramente quella giusta.
Il battesimo ufficiale arrivò proprio in un Verona-Roma, prima di campionato della stagione 1978/79, giocata alle ore 15 di domenica 1 ottobre, quando anticipi e posticipi manco si sapeva cosa fossero. Dopo un primo tempo avaro di emozioni, la stagione sembrò iniziare con il piede giusto. A portare in vantaggio l’Hellas fu un calcio di rigore trasformato da Calloni. Tuttavia, quando la gara volgeva al crepuscolo, arrivò come una doccia fredda il pareggio giallorosso di Pruzzo. “O’ Reydi Crocefieschi”, così chiamato quand’era al Genoa, infilò Superchi con un preciso destro, anticipando la chiusura di Negrisolo.
Gigi Mascalaito non fece una piega. La squadra era nuova, molti erano esordienti in serie A, bisognava ragionare in prospettiva e concedere alla squadra un po’ di tempo. Quella che poteva essere una bella storia, però, durò solo sette giornate.
Dopo quattro pareggi e tre sconfitte, Garonzi, che di pazienza non ne aveva più come una volta, gli diede il benservito, chiamando al suo posto Beppe Chiappella. Quel cambiò non evitò la retrocessione mentre Garonzi, squalificato per tre anni dopo un litigio con l’arbitro Menicucci, decise di passare la mano. Mascalaito non se
l’aspettava ma il calcio è sempre stato così. Ieri come oggi.
Enrico Brigi