Marangona, rischio sabbie mobili Primo round in commissione consiliare che proseguirà domani: la vicesindaca Bissoli ha illustrato tecnicamente la delibera per lo sviluppo dell’area sulla quale si è rotta la Giunta Tommasi. Centrodestra all’attacco. E i mal di pancia in maggioranza non mancano

Tommasi bissoli bertucco
Tommasi, Bissoli, Bertucco

Primo round in commissione consiliare oggi a Palazzo Barbieri sulla delibera per lo sviluppo e la infrastrutturazione dell’area della Marangona, un nodo politico urbanistico sul quale si è concretizzata la prima crisi di questa amministrazione comunale con lo scontro in Giunta che ha visto l’assessore Bertucco esprimersi in modo nettamente contrario e gli altri suoi dieci colleghi che hanno chiesto “gesti conseguenti”, vale a dire le dimissioni.
Con questo clima pesante e una crisi di fatto congelata da giorni perché Bertucco ritiene di essere nel giusto e quindi non intende rimettere le sue deleghe e il sindaco Tommasi che non vuole formalizzare la crisi perché una volta che la apri devi anche capire come la chiudi (e se ci riesci), si è arrivati al primo confronto in commissione sulla delibera portata dalla vicesindaca Barbara Bissoli, assessora all’urbanistica.
Un confronto molto tecnico, che ha visto in commissione anche la presenza di pubblico, esponenti di Rifondazione e della sinistra e del movimento ambientalista che chiedono modifiche al dispositivo e sostengono Bertucco.
Ma per evitare di scendere in dettagli tecnicistici e troppo complicati, in sintesi si è assistito a un confronto molto tecnico, dove l’assessora ha confermato di essere un’ottima consulente tecnica sull’urbanistica (incarico che ha già svolto in passato anche per la Provincia con la quale ora si va a firmare l’Accordo di programma, all’epoca c’era Scalzotto presidente, ora Pasini) ma poco avvezza al confronto politico.
E appunto in questo primo round è mancata la cifra politica in grado di fare sintesi e di condurre il filo del dibattito e delle decisioni.
Cerchiamo di riassumere per sommi capi.

Scheda norma uguale, cambia il contorno

La delibera che deve arrivare in Consiglio prevede di approvare una scheda norma urbanistica sullo sviluppo della Marangona, 1 milione e mezzo di metri quadrati destinati a logistica e altro.
La scheda norma è uguale a quella portata avanti dal centrodestra nel 2020 dall’amministrazione Sboarina. In più c’è un Masterplan che spiega la infrastrutturazione “di minima” dice la Bissoli e redatto dai professionisti Giulio Saturni e Giancarlo Conta.
Qui si prevede come e dove fare i cinque ambiti di sviluppo. Poi la delibera porta all’approvazione l’Accordo di Programma predisposto da Comune, Consorzio Zai e Provincia nel quale ci sono le indicazioni su come si dovrà sviluppare quest’area, con quali criteri, le linee guida per l’ambiente e la tutela del suolo, le fonti rinnovabili e così via.
Tutto questo va votato entro il 10 luglio. Quindi domani nuova seduta di commissione e poi la delibera dovrebbe approdare in Consiglio comunale anche se le opposizioni hanno già chiesto che siano dedicate più sedute a un tema così rilevante.
Per sintetizzare: il centrodestra con Patrizia Bisinella, Federico Sboarina e Salvatore Papadia in testa hanno sostenuto che la scheda norma urbanistica non cambia ma è stata aggiunta “soltanto fuffa” nelle cosiddette linee guida per risolvere i problemi interni alla maggioranza.
Ed è stata proposta una votazione a stralci: diamo l’ok allo strumento urbanistico, ma le linee guida di indirizzo ve le votate voi.Bissoli e maggioranza hanno replicato che “non è stata introdotta nessuna fuffa ma una modifica dell’Accordo di programma che indica una precisa vocazione del comparto 2 della Marangona a Innovazione Ricerca.
Inoltre vengono subordinati gli altri 4 ambiti di sviluppo alla approvazione di un Masterplan condiviso tra Comune, Zai e Provincia, che verrà accettato con le modifiche che saranno apportate. Perché le linee guida che inseriamo sono migliorative del Masterplan”.
E l’architetto Toffali della Direzione Urbanistica ha però spiegato che “l’Amministrazione comunale si impegna a dare delle direttive precise al Masterplan che è contenuto nell’Accordo di programma. Ma il Masterplan è programmatorio, non modifica la scheda norma del 2020″. Insomma, non ha il valore di una variante urbanistica.
Quindi, ha obiettato Sboarina, se le modifiche che il Comune apporta e vuole inserire nel Masterplan non avessero l’ok di Provincia e Consorzio Zai che si farà? Se le votiamo siamo sicuri che saranno recepite?”
E qui la risposta della vicesindaca Bissoli all’ex sindaco: “Ma lei tra le istituzioni concepisce solo rapporti conflittuali?”.
E’ stato fatto presente che nè Consorzio Zai (di cui il Comune ha peraltro il 33%) nè la Provincia sono di centrosinistra…”Non può presentarsi questa ipotesi -ha ribattuto Bissoli- perché Zai e Provincia hanno già dato l’impegno a rispettare la revisione dell’Accordo di programma”.
Quindi viene dato per scontato che le migliorie apportate dal Comune verranno recepite.”Ve le votate voi, perché sono linee guida che servono solo a indorare la pillola e invece devono essere atti amministrativi” replica il centrodestra.
Insomma, alla fine emerge che la delibera urbanistica è un conto, il resto sono i desiderata per un migliore sviluppo dell’area Marangona che dovranno essere recepiti da queste e dalle future amministrazioni. Le stesse cose che, tornando a bomba, diceva Bertucco lasciando la Giunta la settimana scorsa: i desiderata non fanno urbanistica.

D’Arienzo: “Ma il mio Pd dov’è finito?”

Per cui alla fine: il centrodestra è andato a nozze, le critiche interne al centrosinistra hanno trovato ulteriore legna, la maggioranza cerca di far quadrato attorno alla Bissoli per portar fuori questa delibera. In attesa che si trovi qualcuno che faccia politica.
Perché la Marangona è a rischio sabbie mobili per Tommasi e compagni di ventura.Tanto che arriva un appello dell’ex senatore del Pd Vincenzo D’Arienzo al suo partito: Pd non pervenuto.
“Sono sempre più stupito del non ruolo del PD veronese”, scrive infatti D’Arienzo.
“Dopo aver rotto l’unità del centrosinistra, dopo giorni e giorni ancora non si avverte la necessità di un atto politico che miri a recuperare il valore dell’unità (oltre all’incredibile fatto che nessun Organismo dirigente è stato ancora riunito in merito). Apprezzo molto gli appelli in questa direzione, leggo con favore l’impegno di tanti, manca all’appello il mio Pd”, sottolinea l’ex senatore che sottolinea anche quali sono stati secondo lui alcuni errori della segreteria che ricordiamo è guidata a livello provinciale da Franco Bonfante e a livello cittadino da Alessia Rotta.
“Eppure, nonostante la scarsa volontà del Partito Democratico di fare la fatica e lo sforzo a tutela del bene supremo dell’unità della coalizione e l’assurda richiesta (un grave errore politico) dei suoi assessori di dimettere Bertucco, credo ci siano buoni margini di confronto. Per questo è necessario elevare lo sguardo e uscire dal pantano. Infatti, se tutti restano focalizzati sul tema specifico, le posizioni resteranno divaricate”.Pantano o come si diceva prima, sabbie mobili, poco cambia.
“Serve, invece, un rilancio partendo proprio dai temi più spinosi. Ormai è chiaro che il futuro urbanistico di Verona non può più essere trattato come finora, come pure è chiaro che anni di proposte e battaglie politiche non si cancellano in un attimo (altro grave errore politico). Quindi, occorre parlarsi, è urgente un luogo in cui tutti i partiti e le forze della coalizione si confrontino con franchezza, anticipino i tempi della discussione che ci sarà e scelgano le soluzioni e le compensazioni più nobili”. Altrimenti? “Se, al contrario, -conclude D’Arienzo- si intende proseguire a pezzetti, come adesso, non solo la frattura non si ricomporrà, ma a breve ci saranno altri nodi e altri pericolosi litigi”. Insomma, cercasi politica. Ne serve un po’…

Chi tifa Vigasio e chi tifa Marangona

“Innovazione” sembra la parola magica che insieme con “logistica” può consentire il rilancio di una nuova economia anche nel Veronese. Però il secondo smacco arrivato dopo Intel, con la Silicon Box che ha detto di no all’ipotesi di Vigasio preferendo la zona di Novara e il Piemonte dovrebbe far aprire qualche riflessioni sul punto anche ai veronesi e alla Regione.
“Spiace constatare che dopo Intel, per Vigasio decade anche Silicon Box, cioè il famoso piano B che pure il Ministro Urso e la Regione Veneto hanno promesso più volte” aveva dichiarato nei giorni scorsi il consigliere regionale di Forza Italia Alberto Bozza.
“Si tratta di una grande occasione mancata per il Veneto e, sottolineo, per la provincia di Verona, ancora una volta non tutelata come meriterebbe”.
La trattativa con il colosso dei microchip interessato a sbarcare in Italia è stata gestita dal Ministero delle imprese e del Made in Italy guidata da Adolfo urso con il quale nelle ultime ore il presidente Luca Zaia ha aperto una forte polemica: “Chiediamo che sia tolta la clausola di riservatezza sui dossier di Intel e di Silicon Box”, ha detto, invocandone la pubblicazione per una questione di trasparenza. Del resto , la Regione incassa la seconda sconfitta in pochi mesi: dopo aver proposto già una volta i 450 ettari al crocevia fra il corridoio del Brennero e il Corridoio V è arrivato il nuovo durissimo colpo.
E allora forse vale la pena di capire perché è stato scelto il Piemonte, la zona di Novara, collegata con Torino dove il Politecnico e altre università e centri di ricerca lavorano già sui microchip, per esempio. Può diventare la Silicon Valley italiana. Dove le aree forse sono più infrastrutturate rispetto alla pianura di Vigasio, terreno di grande pregio agricolo più che industriale.
L’azienda Silicon Box, spiega una nota del ministero, ha valutato diverse località in varie regioni italiane e “Dopo il confronto diretto con gli uffici delle regioni selezionate, durato alcuni mesi, Silicon Box ha realizzato la propria autonoma valutazione tenendo conto dell’offerta logistico-infrastrutturale, – si legge nella nota – della presenza di un ecosistema nel settore della microelettronica sul territorio e delle infrastrutture di ricerca e sviluppo nel comparto. Il ministero ha operato e opera nell’esclusivo interesse dell’Italia, dei suoi territori, delle sue imprese”.
Bene, allora mettiamo in fila alcuni dati di fatto.
Chi è Silicon Box? E’ una startup di Singapore nata tre anni fa, che assembla microchip e semiconduttori. Ha annunciato un investimento da 3,2 miliardi di euro in Italia, che dovrebbe generare 1.600 posti di lavoro, oltre a quelli indiretti per la costruzione della fabbrica, le forniture e la logistica.

Ma allora il consumo di suolo è reale?

Il nostro distretto veronese non è attualmente leader nella microelettronica o nei microchip per cui un colosso del genere difficilmente potrebbe trovare un retroterra utile nel campo della ricerca e dello sviluppo industriale.
A parte questo, la location di Vigasio non si capisce quale attrattività possa avere per un distretto dell’innovazione, e riproporre questa area sia a Intel che a Silicon Box ha tanto il sapore di una vecchia cambiale da riscattare dopo che qui doveva sorgere ai tempi del doge Galan un autodromo, progetto finito in modo inglorioso.
Ma si insiste con Vigasio, dando ragione, inoltre, a chi mette Palazzo Balbi sul banco degli imputati come prima regione per consumo di suolo.
“I numeri parlano chiaro -scrive l’assessore Michele Bertucco, proprio colui che si oppone allo sviluppo della Marangona perché sarebbe una cementificazione- : la legge regionale veneta n. 14 del 2017, emanata per azzerare il consumo di suolo in Veneto entro il 2050, in realtà ha moltiplicato di tre volte la superficie territoriale consumabile determinata precedentemente dalla Lr 11/2004 (che è tutt’ora vigente) legittimando, in tal modo, il più esteso consumo di suolo sul territorio veneto, dando l’impressione di privare i comuni di un loro diritto acquisito disponendo un ridimensionamento delle previsioni urbanistiche esageratamente sovradimensionate nel corso degli anni ma in realtà concedendo loro ampi margini di incremento”.
E allora tutto si tiene, tutto torna e rieccoci alla Marangona: proprio in queste settimane a Verona si sta sviluppando l’infuocato dibattito politico su una possibile area dell’Innovazione in questa enorme area da 1,5 milioni di metri quadrati, tema sul quale si sta sfiorando la crisi politica nella maggioranza del sindaco Tommasi. Ma alla Regione non interessa cosa accade a Verona e continua a proporre Vigasio. Ognuno per la propria strada.
Come se alla Marangona per gli insediamenti di ricerca e innovazione ci fosse fuori dalla porta la fila di multinazionali dei microchip, dell’intelligenza artificiale, della ricerca e sviluppo che premono per avere i campi vicino al Quadrante Europa.
E qui almeno avrebbero ferrovie, caselli autostradali, un aeroporto e un’università vicina. Ma Venezia e Verona evidentemente non si parlano: quando si dice fare squadra…
mbatt.