“Qualche avvisaglia probabilmente c’era, ma c’era anche fiducia per un diverso epilogo, che invece non è arrivato. Io ho vissuto la favola dall’inizio, e ora c’è solo una parola: dispiacere”.
Così Christian Manfredini, a commento della sentenza del TAR che ha confermato l’esclusione del Chievo dalla Serie B.
Manfredini in gialloblù ha ottenuto la prima storica promozione del club in Serie A, divenendo poi uno dei punti fermi di quell’annata che ha consacrato la società alla storia del calcio. Lui ed Eriberto, le “frecce nere” di Gigi Delneri.: “Il Chievo è sempre stata una società modello, un club che ha sempre rispettato ogni singola scadenza, ma il calcio attuale è diverso, è più dispendioso, ed è difficile, salvo che non ci si chiami Juventus, gestire tutto da soli. Anche i grandi club hanno più azionisti, Inter e Milan hanno cambiato svariate proprietà, ci sono tanti stranieri che investono, le multiproprietà… per chi ha una sola azienda è quasi proibitivo far calcio. E Campedelli, finora aveva fatto tutto da solo, anche per il rispetto del padre che gli aveva lasciato in eredità questo gioiello. Mi chiedo solo una cosa: il Chievo è arrivato ai playoff, se li avesse vinti qualcosa sarebbe cambiato? Questo si, me lo chiedo”.
Adesso è però tempo di ripartire: da dove? Ed è giusto farlo con Campedelli?
“Non credo possa ripartire dalla Serie D, ma onestamente non so quali potranno esser gli scenari, come non so se sia giusto o meno ripartire con Campedelli. So però per certo che lui ha saputo portare avanti un modello con risultati duraturi”.
Il ricordo più bello che ti lega al club è la promozione in A?
“Indubbiamente la promozione in A, il quinto posto in classifica e l’accesso alla Coppa UEFA sono stati momenti indimenticabili, la gente si ricorda quello. Ma io ricordo che la società mi accolse quando solo due-tre anni prima pensavo di smettere: arrivai in una società modello, e in una città bellissima. E lì ho vissuto due anni indimenticabili”.
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