Maledetto 2020, ci ha tolto la poesia Mariolino Corso, Dieguito, Paolo Rossi... E Gianni Mura: oggi siamo tutti più poveri...

Raffaele Tomelleri

E poi va così, anche se non vorresti e l’idea ti fa male. Ti svegli un giorno di primavera e il primo messaggio è una botta tremenda. “E’ morto Gianni Mura…”. Ma no, non è possibile. Invece sì, se n’è andato guardando il mare di Senigallia, ti senti subito più povero, perchè lo sport che raccontava lui era quello vero, “…dove le interviste le facevi seduto sulla panca degli spogliatoi, mentre Rivera si cambiava”. E dove i valori umani contavano più di tutto il resto.
Se ne va un pezzo di poesia o forse se ne va, anche, un pezzo della tua vita. Come quando scopri che il calcio ha perso il sinistro che disegnava le “foglie morte”. Mariolino Corso, veronese di San Michele, ci saluta a fine giugno, con una “finta” delle sue. Quelle che incantavano San Siro e facevano innamorare Moratti. Se ne va in silenzio, a bassa voce, come sempre. Campione di classe immensa, un’altra strofa di una poesia che non vorresti imparare.
Poi, a fine novembre, metà pomeriggio, la solita “agenzia”. “L’Argentina piange Dieguito”. No, non solo l’Argentina, tutto il calcio piange Maradona. Scappa via solo, un po’ abbandonato, tra misteri senza fine, polemiche assurde, rabbia e malinconia. Ha incantato il mondo, ha fatto felici milioni di persone, muore in una squallida abitazione, senza nessuno della sua infinita famiglia. Di lui restano le prodezze sul campo, le magie di una vita sempre fuori dalle righe, fino all’ultimo minuto.
All’ultimo minuto, è il 9 dicembre, c’è l’ultimo pezzo di poesia che ci lascia senza parole. “E’ morto Pablito”. Fuoriclasse dell’attimo fuggente, sceglie il silenzio per vivere con dignità la sua ultima battaglia. Lo sapevano in pochi, gli hanno voluto bene tutti. Il campione della porta accanto, il sorriso disegnato sul volto. Piange l’Italia intera. Forse, per davvero, è finito il tempo della poesia…